Il dodicesimo appuntamento con Gli Antichi Mestieri è dedicato alle ventole, antenate dei ventagli.
Le ventole - utensili popolari a struttura rigida - sono le antenate dei ventagli. I ventagli al contrario delle ventole sono pieghevoli. Nell’inventario delle scoperte la primogenitura tocca alle ventole caratterizzate da schermo fisso e impugnatura laterale: disposizione che conferisce a questa tipologia l’aspetto di bandierine inamidate e per l’idea che evocano sono dette anche ventole a banderuola. Testimonianze iconografiche di epoca cinquecentesca attestano che Tiziano, con una ventola a banderuola non dissimile dalle ventole popolari, ritrae la figlia Lavinia. Il prezioso dipinto si conserva nella pinacoteca di Dresda.
Le ventole, realizzate con materiale povero, non hanno recto né verso. I ventagli, invece, recano sul recto materiali di pregio (ricami e pietre preziose) e sul verso rifiniture meno pregiate. Dopo le ventole, compaiono, soprattutto durante le funzioni religiose, i flabelli: grandi ventole ibride con disposizione morfologica a ventaglio, senza, però, essere chiudibili. Papa Giovanni Paolo I abolì i flabelli e la sedia gestatoria e, successivamente altri papi ne hanno seguito l'esempio.
In Abruzzo è accertato che i paesi più noti per la costruzione di ventole profane e devozionali sono Corropoli (Te), dove hanno operato 17 famiglie; Vasto (Ch) due famiglie, mentre Sulmona (Aq), ha avuto solo un costruttore. Questa forma di artigianato, pare, sia stata introdotta nel teramano intorno al 1600 da un certo Nicolò Dal Sasso; nel chietino dai devoti che tornavano dai pellegrinaggi fatti ogni anno a san Nicola di Bari e nell'aquilano dai devoti di San Massimo, di San Panfilo e di San Berardino.
Famiglie dedite alla costruzione di ventole devozionali c'erano anche a Penne e a Pescara, addirittura a Manoppello, nel pescarese, le ventole devozionali venivano costruite dalle suore alcantarine, per diffondere, tra i pellegrini, l'immagine del Volto Santo.
Le ventole profane, con l'immagine di Eolo, re dei venti, disposta almeno su un lato erano usate per alimentare il fuoco delle fornacelle o per ventilarsi durante i mesi estivi. Dalle ventole profane, che i pastori chiamavano attizzafuoco si passò alle ventole di carattere devozionale, fenomeno artigianale importato dall'Emilia-Romagna, dove produceva immagini devozionali per ventole Bartolomeo Cocchi, detto Bartolomeo delle ventarole. (Cfr., Aa. Vv., I legni incisi della galleria estense, Modena, Mucchi,1986).
Alcuni di questi fogli stampati a coppia o impressi singolarmente in monocromia nera, bleù, verde e rossa hanno consentito la ricostruzione delle ventole un tempo usate in Abruzzo e realizzate seguendo i modi artigianali praticati tra Ottocento e Novecento soprattutto dai ventaroli di Corropoli, di Vasto e di Guardiagrele dei quali, in totale, si conoscono i nomi di ben 25 botteghe, con intere famiglie dedite a questa lavorazione artigianale.
Le ventole devozionali prodotte a Vasto e a Guardiagrele potrebbero farsi risalire all’epoca dei tipografi Pietrocola di Vasto, Angelini di San Salvo e Bacher di Ortona; quelle di Corropoli, recano immagini prodotte dagli editori di Campli; le immagini delle ventole devozionali prodotte a Sulmona potrebbero essere state stampate dalla notissime tipografie Jannamorelli e dalla Tip. Editrice Sociale.
Di difficile collocazione nello spazio e nel tempo sono le roste in latta zincata prodotte da stagnini o da ramai e usate da macellai e venditori di arrosticini. Uno degli ultimi costruttori di questa sottoclasse ha bottega in Guardiagrele.