Appuntamento inconsueto, il primo del 2016, oggi all’Aurum di Pescara, con Camillo Chiarieri e le sue Storie della Storia d’Abruzzo. Protagonisti i misteri, i miti e i sortilegi antichi della nostra Regione.
Terminologie e personaggi poco noti, ma anche per questo, forse più affascinanti, che rimandano a tradizioni arcaiche e leggendarie, patrimonio di un passato in gran parte dimenticato, ma ancora ben radicato nelle nostre consuetudini anche quotidiane.
Alzi la mano, ad esempio, chi conosce i mazzamaurilli (nonni e prozie esclusi chiaramente …), folletti di montagna che producevano rumori colpendo con delle “mazze” le mura delle case.
Affascinanti, ma altrettanto capricciose e volubili, le fate, creature meravigliose di sesso femminile, che a volte s’innamoravano degli uomini, sposandone pochi fortunati, che potevano così godere della loro bellezza e delle loro arti magiche, grazie alle quali rendevano fertili i terreni da coltivare, riducendo al contempo le fatiche che comportavano all’epoca i lavori agresti. Esse, come amano raccontare alcune anziane donne di paese, sono andate scomparendo con l’avvento della modernizzazione, che ha reso pressoché inutili le loro opere incantate.
Ma esistono anche, e soprattutto, leggende buie e pericolose, come le pantafiche, esseri ultraterreni che, intrappolati in un limbo fra la vita e la morte, si nutrono del respiro degli umani mentre dormono, fenomeno più diffuso di quanto si possa immaginare e probabilmente capitato a tanti di noi, risvegliandosi all’improvviso con una sgradevolissima sensazione di principio di soffocamento. Del suddetto fenomeno si sono occupate addirittura alcune università, giacché sembra colpire circa il 20% degli italiani, senza che si sia riuscita a trovare una soluzione definitiva, ma solo alcune ipotesi, la più diffusa delle quali cita una specie di “paralisi del sonno”.
I Lupi Mannari, umani condannati a tale nefasta maledizione a causa dell’essere nati in un giorno particolare, come la mezzanotte fra il 24 e il 25 dicembre o il 6 gennaio, colpevoli di blasfemia per essere stati generati in un momento sacro! In effetti, che ci si creda o no, la licantropia è stata una malattia, oggi apparentemente scomparsa, studiata e curata in passato, e d’altronde ogni epoca ha i suoi morbi, nei giorni nostri ne sono un esempio la bulimia e l’anoressia.
Ma i più terribili e pericolosi, i peggiori in assoluto, che incutevano un terrore a volte incontrollabile, sono le Streghe e gli Stregoni, che hanno come scopo unico della loro esistenza, quello di fare del male: a Castel del Monte, in agosto, si celebra la famosa “Notte delle Streghe” http://www.lanottedellestreghe.org . Era importante saperle identificare, e a tal proposito il nostro narratore ci ha presentato una slide (vedi foto) con un apposito elenco; altrettanto fondamentale riuscire a tenerle a distanza e non farle entrare nelle case, per cui si sfruttava la loro maggiore debolezza, ovvero il non riuscire a sottrarsi agli eventuali conteggi di oggetti posti loro di fronte, come ad esempio le saggine di una scopa appoggiate a rovescio sull’uscio dell’abitazione, il che faceva perdere loro tantissimo tempo, finché non sorgeva il sole che le scacciava. A Borgomarino, il quartiere dei pescatori di Pescara, i più paurosi dormivano con una rete da pesca sotto il letto, così che l’eventuale strega fosse costretta a sciogliere tutti i suoi nodi prima di poter compiere l’eventuale maleficio. Contro i loro poteri si utilizzava anche una pianta: la ruta.
Dopo averci riferito della storia di un uomo, realmente esistito, con tanto di nome e cognome, soprannominato Cacasciore, che nei primi del ‘900 assistette casualmente, tornando a casa nel corso di una fredda notte d’inverno, a un rito satanico, esperienza che nel corso della sua vita narrerà più volte e sempre nello stesso identico modo, Camillo Chiarieri ci racconta dei mostri che venivano “utilizzati” per spaventare i bambini, come il gatto mammone o il tiro, quest’ultimo una creatura anfibia che viveva nei pozzi, per tenerli lontani dal pericolo che vi precipitassero mentre giocavano.
Quanto mai celebre e attuale è il malocchio, in dialetto la ‘mmidia, che ha da sempre scatenato la fantasia degli uomini per creare oggetti apotropaici con cui proteggersi da esso, come il classico cornetto di corallo rosso, o il 13, gioiello d’argento abruzzese che i nonni regalano ai nipoti e che racchiude tutti gli amuleti (tredici per l’appunto) apotropaici conosciuti.
Altra celebre figura misteriosa è quella del magaro, una specie di stregone nostrano cui rivolgersi per produrre fatture o per proteggersi da esse, in questo caso fabbricando il breve, un sacchettino contenente polveri particolari da non aprire mai e da portare al collo come una collana.
Nel menzionare, infine, i Santi Patroni, che vegliano sul Paese che li consacra e che proprio domani, 17 gennaio, si celebra la Notte di San Giovanni abate, un mito stravolto, in Italia e in Abruzzo in particolare, rispetto alle sue origini (egiziane) a causa dell’errore d’interpretazione rispetto alla figura del maiale, con lui raffigurato, che nella realtà rappresentava il demonio tentatore, mentre da noi è assunto come emblema della sua carne da macellare, proprio in questi giorni, e di cui nutrirsi, Chiarieri ci ha ricordato di come pressoché infiniti sono i simboli e i gesti che giornalmente mettiamo in atto e che hanno radici profondissime, ataviche, i quali si perdono a volte nella notte dei tempi.
Nel prossimo appuntamento, il quarto e penultimo di questa III Serie, sarà celebrata l’Età degli Aragona: sabato 13 febbraio sempre alle ore 17:00.