Lectio magistralis di Augusto De Sanctis, geologo, del "Forum Abruzzese dei Movimenti per l'Acqua" che ha illustrato alla platea, soprattutto giovane (l'evento è stato organizzato dal coordinamento "Studenti contro Ombrina" che ha un gruppo su Facebook, ndr), il dramma che l'Adriatico e l'Abruzzo stanno vivendo. L'incontro è il seguito di un 'cammino' che porterà il 23 maggio a Lanciano una nuova e più forte protesta in piazza contro il così detto "oro nero" (dopo quella di Aprile 2014 che ha contato quarantamila presenze per le strade di Pescara contro Ombrina Mare).
Ma è solo una battagli a suon di slogan? ("Acqua Vino Olio, No Petrolio"; "No Oil"; "L'Abruzzo non si vende", quelli più in uso). Ovviamente no. E' in atto un lavoro di tecnici e gente comune di studio ed analisi del territorio e sull'impatto ambientale che porteranno le piattaforme petrolifere, una volta insediate. Al fine di non far diventare l'Abruzzo come la nuova Texas dell'Europa e rimuovere l'etichetta di distretto minerario.
Ombrina Mare è una piattaforma petrolifera che sorgerà sull'orizzonte della nostra costa e sosterà per ben 24 anni indisturbata. Si tratta di una "raffineria galleggiante", cioè, una nave-raffineria lunga più dello stadio Adriatico di Pescara e alta quanto un palazzo di dieci piani. Il progetto è in mano alla "Rockhopper Exploration", una multinazionale britannica che possiede giacimenti petroliferi in tutto il mondo.
L'impatto ambientale è ad altissimo ed evidente rischio. A testimoniarlo sono gli innumerevoli incidenti che si susseguono nel mondo, che portano a incendi, morti e sversamenti di petrolio in mare, quindi, viene messa in serio pericolo l'esistenza e la salute del mondo animale, dell'uomo e della natura, in generale. A danneggiare il quadro, già di per sè drammatico, è il decreto "Sblocca Italia" del governo Renzi che alleggerisce l'iter burocratico, a favore degli uomini del petrolio, per quanto riguarda le concessioni di ricerca ed estrazione. Inoltre, all'art. 38 del citato decreto si legge: "Le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, rivestono carattere di interesse strategico e pubblica utilità , urgenti e indifferibili".
La presenza dei petrolieri in Abruzzo, purtroppo, è già fattiva. L'iposensibilità delle Istituzioni non facilita, anzi, peggiora la situazione. Da tenere in conto anche i pozzi petroliferi abbandonati (non monitorati da nessuno e in alcun modo) in Italia, quindi dismessi e in disuso (circa settemila) che, sono fonte di inquinamento sia per l'atmosfera, sia per il sottosuolo. Le aree interessate alle concessioni petrolifere in Abruzzo, già date, e quelle in attesa, si possono leggere nel dossier presentato stamane a Pescara da alcune organizzazioni del terzo settore (leggi qui).