L’assessore regionale alle Politiche agricole, Mauro Febbo, insieme agli assessori provinciali Mario Lattanzio (Pescara), Antonella Di Nino (L’Aquila), Giovanni Staniscia (Chieti) e Giuseppe Di Michele (Teramo), ha scritto ai ministeri dell'ambiente e dell'agricoltura per sollecitare "una concreta risoluzione alla problematica generatasi dalla presenza ormai incontrollabile di cinghiali, dai conseguenti danni alle colture e dall’attuale emergente rischio per la pubblica incolumità che questi animali hanno determinato sul territorio regionale. Il tema è divenuto a noi particolarmente caro anche perché il problema della complessità della gestione di queste popolazioni, oggi rischia di essere simbolo di una certa incapacità di governare i territori protetti e non".
In più occasioni le quattro Province hanno espresso "forti perplessità" sull’utilizzo ed efficacia dei recinti, ritenendo tale sistema "particolarmente cruento nei confronti di animali selvatici, costretti a numerose ore di forti stress, conseguenti alla cattura e alla costrizione nelle gabbie, prima di essere avviati alla macellazione".
"Appare evidente - prosegue la nota - che l’utilizzo di cacciatori “volontari” con costi materiali totalmente a carico degli stessi, risulta praticamente a costo zero per l’Ente Parco, a differenza del metodo dei recinti di cattura che risulta invece significativamente oneroso".
La Regione Abruzzo e le quattro Province, dunque, rilevano nell’azione dei Parchi "una chiusura che appare soprattutto di natura ideologica nei confronti delle metodologie proposte dalle Province e suggerite dal Ministero dell’Ambiente e dall’ISPRA".
Si chiede dunque al Ministero dell’Ambiente di farsi carico di un coordinamento tra i vari Enti competenti delle attività connesse a una corretta gestione delle popolazioni di cinghiale.