Il tormentone del momento, a parte le pessime prestazioni in campo, è il continuo chiacchiericcio in merito a una possibile cessione del Delfino da parte di Daniele Sebastiani. Diciamo pure da parte sua e basta, come ha anche sottolineato di recente, visto che detiene la quasi totalità delle quote societarie. Per la stragrande maggioranza dei sostenitori pescaresi sarebbe una vera e propria liberazione: i rapporti fra società e tifoseria sono ormai ai minimi storici e se non fosse per il Covid-19, quasi certamente le contestazioni sarebbero ben più sentite e circonstanziate. Anche in questa occasione il carattere spigoloso e ostico del presidente non si smentisce, con dichiarazioni che affermano e negano continuamente ogni singolo rumour giornalistico. Lui, che non è mai stato e mai lo sarà, un uomo di calcio, ma esclusivamente un affarista, gestisce ogni cosa da “padrone”, dimenticando o facendo finta, che una squadra professionistica dovrebbe condividere con tutto l’ambiente le eventuali scelte, anziché imporle, perché tanto “qui comando io”.
Nel frattempo i rettangoli verdi continuano a confermare l’inadeguatezza di questo gruppo di giocatori, casualmente e maldestramente assemblato, sotto la pessima direzione di un allenatore che, a questo punto della sua carriera, definire sopravvalutato è fin troppo benigno, come commento, nei suoi confronti. Poco importa che anche le seconde e terze linee del Parma, mercoledì scorso in Coppa Italia, abbiano, senza sforzi apparenti, cancellato ogni ipotetica velleità dei biancazzurri. Preoccupa invece il delirio di onnipotenza che Massimo Oddo sembra voler mostrare in maniera incredibilmente esplicita, con dichiarazioni inverosimili e convocazioni (per il posticipo di questa sera a Lecce) cervellotiche. Lascia a casa tanti giocatori che non riescono a seguire il suo “credo calcistico”, che poi si concretizza nel nulla assoluto di un ridicolo, quanto sterile, possesso palla, che gli avversari lasciano fare, per poi colpire alla prima occasione buona. D’altronde nell’era Sebastiani è normale che, dopo una salvezza ottenuta miracolosamente, si porti a casa l’allenatore dell’unica squadra che giocava peggio del Pescara, in quanto suo amico personale. È altresì normale acquisire le prestazioni di calciatori evidentemente non richiesti dallo stesso fenomenale allenatore, che dopo cinque (compresa la Coppa Italia) sconfitte consecutive li definisce “non liberi di testa”. Come Christian Capone, ad esempio, il quale già aveva mostrato qualche stagione or sono di cosa è capace (…), qui in riva all’Adriatico, doti confermate anche lo scorso anno nel Perugia proprio di Oddo (che non lo faceva giocare quasi mai) e che, guarda caso, segue il suo mentore ancora qui, per poi essere lasciato a casa nel tentativo di aiutarlo a liberare la propria testa.
Siamo, francamente, sopraffatti da cotanto squallore. Impotenti e inascoltati come ogni giornalista e tifoso, tristi per come quest’uomo di nome Daniele Sebastiani sia riuscito ad annichilire un ambiente calcisticamente caldo come quello pescarese. Si può essere affaristi e maneggioni fin che si vuole, ma non per questo autorizzati a commettere una simile opera di demolizione. L’unica, in fondo terribile, soddisfazione, sarà, paradossalmente, proprio quella da lui stesso auspicata: la sua presidenza non sarà mai dimenticata nei decenni a venire. Forse non proprio nel modo che immaginava …