Com’era ampiamente prevedibile i tanti difetti di questo Delfino stanno venendo a galla, tutti, nessuno escluso. La pessima prestazione in terra ciociara di sabato scorso, ha mostrato gli evidenti limiti strutturali di una Rosa messa in piedi un po’ a casaccio, senza un’idea di base su cui costruire l’intelaiatura di un campionato lungo e difficile, come quello cadetto. Il primo a pagarne le conseguenze sarà, inevitabilmente e com’è giusto che sia, Luciano Zauri, il cui aziendalismo estivo, che lo aveva portato a dichiarare di essere ampiamente soddisfatto del materiale umano messogli a disposizione dalla società, ne decreterà molto probabilmente, continuando di questo passo, il triste esonero.
Non saranno solo i risultati negativi in termini di classifica, a sancire l’epitaffio sportivo dell’apprendista tecnico biancazzurro, quanto soprattutto gli “stracci” che stanno iniziando a volare in seno allo spogliatoio. Alcune dichiarazioni post gara dei giocatori schierati nella sconfitta di Frosinone, sintetizzano sibilline verità, estremamente importanti, che fanno ben intendere quale sia il clima che si respira all’interno del gruppo. Lo schieramento voluto dall’allenatore, che ha previsto una massiccia presenza di centrocampisti, in grado di determinare un lungo possesso palla, sacrificando per questo il ruolo di centravanti, non è piaciuto molto a chi lo ha dovuto interpretare, ovvero gli undici scesi in campo. Ciononostante i giocatori hanno applicato alla lettera i dettami del tecnico, con l’ovvio risultato di “creare” un gioco sterile e del tutto inefficace in chiave offensiva (un solo tiro in porta nell’arco complessivo dei novanta e passa minuti disputati). Alessandro Nesta, trainer dei gialloblu di casa, che di calcio un po’ se ne intende, ci ha messo davvero poco a capire che sarebbe stato sufficiente contenere l’inutile fraseggio biancazzurro, in attesa di colpire alla prima verticalizzazione ben riuscita e così è stato.
Insomma, tutta l’inesperienza di Luciano Zauri è venuta alla luce nel corso di questa infelice trasferta. Il suo Pescara è sembrato davvero brutto, oseremmo descriverlo “fastidioso” da seguire, apparendo come una accozzaglia di calciatori che non hanno nulla più da chiedere a questo sport. Il fatto che, in realtà, così non possa essere, vista anche la presenza di diversi giovani vogliosi di mettersi in luce, la dice lunga sulle responsabilità di chi li dovrebbe guidare.
Sembra proprio che stavolta la rinomata “tattica” societaria, che consiste nello (s)vendere i giocatori migliori, sostituendoli con prestiti voluti dai procuratori o con ragazzini proveniente dalla Primavera, non abbia funzionato come in passato (almeno in serie B, perché nella Massima Serie le figuracce prodotte non le dimenticheremo facilmente). Certo si proverà a rimediare nel corso del mercato invernale, anche perché un’eventuale retrocessione in serie C, quasi certamente segnerebbe la parola fine di Daniele Sebastiani, quale presidente del Delfino: senza i finanziamenti di Lega, sponsor e tv, sarebbe necessario tirare fuori quattrini freschi e di tasca propria … va da sé che abbandonerebbe subito la nave che affonda.
Una novità del post gara di Frosinone è stata senz’altro l’inattesa presa di posizione (voluta o casuale non lo sappiamo) di alcuni reggitori di microfono, solitamente asserviti alla società. L’aver chiesto, come sarebbe giusto pretendere in un contesto libero e normale, al tecnico biancazzurro se senta la panchina scottare, ha messo in difficoltà lo stesso, che non ha reagito benissimo. Ecco a cosa conduce l’assoluta mancanza di abitudine al contraddittorio, nel non essere più in grado di percepire la realtà che ti circonda. Un male comune alla politica, che si sta insinuando anche nel mondo del calcio, dove a farla da padroni sono solo i soldi, mentre le passioni, che dovrebbero alimentare lo sport agonistico, sono invece osteggiate da chi detiene lo scettro del potere, considerate alla stregua di fastidi da tenere a debita distanza.
Di una cosa siamo sempre più certi: Daniele Sebastiani, il quale prosegue imperterrito a gestire il Delfino come se fosse una fabbrica e non, come dovrebbe essere, una società di calcio, che oltre ai bilanci guarda anche ai risultati sul campo, per il rispetto nei confronti di una tifoseria, di una città e, perché no, di un’intera regione, ebbene sarà sconfitto, se non dall’attuale ambiente, che egli stesso ha modellato a personale uso e consumo, dalla Storia. Un giorno non molto lontano verrà ricordato come colui che ha distrutto i sogni di tutti coloro che amano questi colori. Il suo ingresso in società, voluto a suo tempo proprio da Giuseppe De Cecco, che così auto decretò la propria futura fuoriuscita, cambiò per sempre le sorti e il futuro di ciò che avrebbe potuto essere e, forse, non sarà mai più. Una simile iattura il popolo biancazzurro non se la meritava, peccato davvero.
In questo contesto davvero penoso, non ci resta che ricordare il prossimo impegno, domenica 22 dicembre, ore 15. All’Adriatico andrà in scena il match contro il Trapani. Nulla da guadagnare e tutto da perdere contro i siciliani, invischiati nei bassifondi della classifica. Un ennesimo risultato negativo porterebbe, forse, al definitivo esonero di Zauri, mentre la vittoria gli consentirebbe sì di mangiare il panettone (anzi il parrozzo), ma non cambierebbe di una virgola i giudizi fin qui esposti sul suo operato.