Nel calcio, così come nella vita, esistono le cosiddette “regole non scritte”. La scorsa settimana, il giornalista e opinionista di Sky, Paolo Condò, durante la presentazione del suo ultimo libro, “La Storia del Calcio in 50 Ritratti”, ne ha ricordata una, a nostro avviso fondamentale: “se giochi bene, quasi sempre vinci, se giochi male, perdi; a volte può anche succedere il contrario, ma si tratta di eccezioni”.
Quest’anno il Delfino sta giocando davvero male, anzi malissimo e infatti perde spesso, come accaduto l’altro ieri, all’Adriatico, contro lo Spezia (1-2 il risultato finale). La vittoria ad Ascoli nel turno precedente ha solo dimostrato, in maniera inequivocabile, l’assioma citato da Condò.
Il sistema aziendalistico puro, dove il “padrone” assoluto possiede poteri di vita e di morte sui suoi dipendenti, non sempre paga in termini di risultati. Circondarsi di tanti signorsì, capaci solo di dare ragione sempre e comunque a chi elargisce loro uno stipendio, alla lunga conduce inevitabilmente alla rovina dell’azienda. Senza contraddittorio il timoniere si convince che per governare la barca basti lui, se incontra qualche ostacolo poco importa, che si scansi, altrimenti finirà sotto la chiglia … peccato che nel corso della lunga navigazione, come accadde anche all’inaffondabile Titanic, si possa incrociare un enorme iceberg e … beh, il resto della storia la conosciamo tutti!
In questi giorni la tifoseria è divisa nel consegnare le percentuali di responsabilità, per questo mediocre inizio di stagione, a Luciano Zauri. C’è chi lo difende, in parte, addossando le colpe esclusivamente a Daniele Sebastiani, che gli ha consegnato una Rosa scadente e incerottata. Altri, invece, lo accusano di incapacità a questi livelli, inesperto e poco rispettato, quindi scarsamente adeguato alle circostanze. Secondo noi, una cosa non esclude l’altra. A fugare ogni dubbio, però, ci ha pensato lo stesso allenatore, nel dopo gara di sabato pomeriggio. Piuttosto che cospargersi il capo di abbondante cenere, è passato al contrattacco, rispondendo alle domande di un reggitore di microfono: “questa squadra è stata costruita per salvarsi (!!), inutile dire cose che non esistono …”. Ma come, si è già dimenticato delle sue splendide dichiarazioni estive, durante il ritiro a Palena? “stiamo allestendo una gran bella squadra”, “ci troviamo in perfetta sintonia con il presidente” e ancora “abbiamo modellato un perfetto mix fra giovani di belle speranze e giocatori esperti con tanta voglia di fare”.
Certo, poi non sono mancate le solite frasi di circostanza: “mi assumo le responsabilità”, “non cerchiamo alibi per il goal annullato a Brunori”, ecc. Ma non saranno questi copia e incolla da manuale delle interviste a salvare il Pescara, poco ma sicuro.
L’analisi della meritata sconfitta contro lo Spezia ben raffigura la pochezza tecnica dell’undici mandato in campo da Zauri. Il primo tempo, chiuso in vantaggio per una rete a zero, grazie a un bel tiro di Machin, stranamente non contrastato a dovere dalla difesa ligure, ha mostrato un Delfino appena discreto, che ha però avuto la fortuna di incrociare i virtuali guantoni contro un avversario sceso in campo intimorito, con il fardello psicologico dell’ultimo posto in graduatoria sulle spalle. Non sappiamo cosa abbia detto ai suoi, durante l’intervallo, il tecnico biancazzurro, ma immaginiamo invece che Vincenzo Italiano, allenatore dello Spezia, abbia fatto presente ai suoi che non avevano motivo alcuno di lasciarsi intimorire dai padroni di casa, i quali sembravano davvero poco cosa. Fatto sta che a partire dal fischio d’inizio del secondo tempo e fino all’uno-due che ha ribaltato il risultato, in campo si è vista una sola squadra, quella ligure. Certo, poi il Pescara era anche riuscito a pareggiare, grazie al regolarissimo goal, il primo della stagione sarebbe stato per Brunori, realizzato dal centravanti italo-brasiliano, ma purtroppo il promettente (!) arbitro Luca Massimi della sezione di Termoli, ha visto un fallo di mano che non c’era, annullando la rete e ammonendo lo sfortunato attaccante. In ogni caso questo episodio non può cambiare il giudizio altamente negativo della prestazione nel suo complesso.
Insomma il calcio a Pescara è ormai finito, almeno per come lo hanno sempre immaginato i tifosi locali. Di quella squadra amata e rispettata, capace spesso di produrre un gioco spettacolare e dinamico, seguita da un’intera regione, sempre con aspettative di vertice, almeno in serie B, rimane solo un affare economico ad uso e consumo di Daniele Sebastiani. La Storia, quella calcistica con la S maiuscola, non lo risparmierà, ma il presente condanna l’ambiente a un triste e lento trascorrere.
Sabato prossimo nuovo impegno casalingo per il Delfino, stavolta addirittura contro l’imbattuta capolista Benevento. Il pronostico parrebbe scontato, ma anche un altro, eventuale, miracolo, non cambierebbe di una virgola il giudizio su questa squadra.