Lo avevamo preventivato e temuto, nel commento conclusivo dello scorso editoriale, una sconfitta a Cesena avrebbe consegnato pessimi scenari di classifica al povero Delfino e, ahinoi, così è stato. Non che fossero necessari grandi esperti di Calcio per tracciare il futuro di questa squadra, ma il cuore dei tifosi tende sempre a credere in una possibile via d’uscita dalle crisi, cosa che stavolta non si sta concretando, perché anche a Pescara, di solito, 1+1 fa comunemente 2.
Zeman ha ormai le settimane contate, se non sarà dopo la gara di domenica prossima contro il Novara, prima o dopo sarà certamente esonerato, perché questi giocatori che la società gli ha fornito, lui proprio non riesce a gestirli. Sicuramente non è solo una questione di schemi, perché dei bravi professionisti, con il tempo, sono capaci di adattarsi a qualunque modulo sia proposto dal loro tecnico. Certo, per alcuni non tutti sono funzionali alla massima resa, però l’assoluta inadattabilità, a questi livelli, non esiste. Il vero problema consiste nell’impossibilità di chiedere sacrifici a dei giocatori che, per lo più, non hanno un futuro qui a Pescara. Sono quasi tutti già venduti o in prestito o, peggio, a fine carriera. In attesa di preparare le valigie (qualcuno le ha già pronte da qualche tempo …), nessuno vuole farsi male e, soprattutto, mostra interesse a “fare gruppo”. Tranne Gaston Brugmann e Vincenzo Fiorillo, forse anche Stefano Pettinari e pochissimi altri, si tratta di una Rosa che di biancazzurro non ha più niente.
La situazione descritta deve seriamente preoccupare, perché va da sé che il prossimo allenatore, difficilmente supportato da una bacchetta magica, si ritroverà con gli stessi problemi da risolvere. Certo, il mercato di gennaio potrebbe apportare qualche modifica all’organico, anzi, sicuramente sarà così, ma quante possibilità ci sono che lo farà in meglio? Diremmo poche. Prima di tutto perché spesso sono aggregati giocatori poco utilizzati da altre squadre in questa prima parte di stagione, il che li espone a facili infortuni, poi la storia stessa dei “mercati” invernali biancazzurri, da quando Daniele Sebastiani è il presidente, che generalmente si sono rivelati peggiorativi.
Insomma, un futuro a tinte fosche, con lo spauracchio, tutt’altro che irreale, di una seconda retrocessione consecutiva da affrontare. Nel frattempo la scorsa settimana a Pescara si sono date appuntamento le grandi firme del Calcio nazionale, per benedire (?!?) la costruzione di un nuovo e avveniristico stadio. Bene, ma non benissimo, come si dice in questi casi, perché le progettualità del presidente sembrano, come il solito, più di natura economica che sportiva. Alla lunga tale discrasia non potrà che costare cara. Questa società si sta sempre più “sebastianizzando”, se c’è concesso il termine. Ciò comporta un’estremizzazione da cui non si potrà uscire facilmente. Si tratta di un modello organizzativo, tendente a fornire esclusivi interessi economici, a prescindere dai risultati sportivi, che alla fine imploderà, costringendo Sebastiani a mollare il timone e nemmeno uno vorrà occuparne il posto. Sarà impossibile, o quasi, ricostruire senza enormi e inevitabili sacrifici, dei quali sicuramente nessuno avrà voglia di farsi partecipe.
Rimandiamo a data da destinarsi ogni altro commento sulla mancata zemanlandia-bis, giacché l’occasione ci sarà inevitabilmente consegnata quando il boemo restituirà le chiavi dello spogliatoio. Soffermiamoci, invece, sulle tutto sommato poco sorprendenti, affermazioni di Daniele Sebastiani, che nei giorni scorsi ha dichiarato testualmente: “… quello che abbiamo fatto in 6 anni di presidenza, forse in 80 anni di storia non è mai stato realizzato, per il marchio Pescara …”. Non stupiscono perché ben conosciamo la stima che egli ha di se stesso. Premettendo l’ovvio, cioè che simili asserzioni dovrebbero provenire dall’esterno, perché auto incensarsi non è mai un bel vedere, dovremmo altresì chiederci cosa abbiano di speciali questi ultimi sei anni? Volendo basarsi sui risultati sportivi, a fronte di una promozione (non due, perché la prima porta il marchio De Cecco …), abbiamo subito due umilianti retrocessioni, che hanno fruttato una serie impressionante di record negativi, fortunatamente in corso di cancellazione grazie al Benevento. Forse intendeva i bilanci e le infrastrutture, ma se per i primi preferiremmo non esprimerci, visto che nonostante le tante cessioni fruttuose, i diritti televisivi e i paracadute, sembra manchino ancora sette milioni e mezzo per pareggiarli, per i secondi abbiamo finora commentato solo tante promesse ma nulla ancora di tangibile. Per oggi è tutto, ma sarà inevitabile riprendere e continuare il discorso anche nel corso delle prossime settimane. Il tifoso fa il suo mestiere, gioisce quando la squadra vince e si arrabbia quando perde, ma il giornalista ne fa un altro, in altre parole fotografa la situazione, la analizza e la riporta quanto più fedelmente possibile ai lettori, a titolo di specchio, in modo da far riflettere la verità. A volte è difficile da accettare, ma le bugie, si sa, hanno le gambe corte e il naso lungo, come Pinocchio insegna.