Dopo aver letteralmente demolito lo stanco Novara in semifinale, il Delfino ha posto le basi per raggiungere l’obiettivo tanto agognato, che qui non enunciamo, per ovvi motivi scaramantici, spegnendo l’ardore fisico e agonistico del Trapani, squadra solida e “cattiva”, calcisticamente parlando, messa benissimo in campo dal sempre tenace Serse Cosmi, ma che ieri sera, nella finale d’andata, ha pagato dazio in termini d’inesperienza a questi livelli. Troppo nervosi i siciliani per sperare di strappare un risultato positivo in casa di un concentratissimo Pescara, letteralmente trascinato da un’intera città, come d’altronde sempre accade da queste parti quando la posta in palio diventa così importante.
Decisivo, senza ombra di dubbio, l’episodio che rimanda all’espulsione di Matteo Scozzarella poco dopo la metà del primo tempo di gioco, che ha sì reso ancora più arduo violare la solida retroguardia trapanese, a quel punto arroccatasi a difesa del suo davvero bravo portiere, il brasiliano Nicolas David Andrade, davvero insuperabile almeno nelle palle alte, ma al contempo ne ha condizionato definitivamente il già spuntato potenziale offensivo, con l’attaccante croato Bruno Petković non al meglio della condizione fisica e a fine gara addirittura resosi protagonista in negativo, con un gesto d’inspiegabile nervosismo nei confronti del suo allenatore.
Sono certamente giunte in finale le due compagini più degne, con pochissime doti in comune però, che almeno nella prima delle due sfide ha giustamente e meritatamente premiato i biancazzurri, i quali obiettivamente possiedono, nel complesso, una tecnica di gioco evidentemente superiore, grazie anche all’applicazione di moduli che sono prerogativa di formazioni di ben altra statura, soprattutto internazionale. Il Trapani, al contrario, pratica, con efficacia va detto, un gioco “antico”, ma prevedibile, vincente solo grazie allo stato di grazia di molti suoi elementi da alcuni mesi a questa parte. Insomma, volendo spiegare con una semplice frase di cosa stiamo parlando, ci viene in soccorso una celebre affermazione di Arrigo Sacchi: “a pallone ci possono giocare tutti, a calcio soltanto in pochi”.
Per assurdo, l’avversario finalista dello scorso anno, il Bologna, era probabilmente meno pericoloso di quello di oggi, ma i felsinei ebbero la fortuna di incontrare un Pescara più stanco e molto meno compatto a livello di gruppo, rispetto a quello attuale, che Massimo Oddo sta curando anche nei dettagli, probabilmente perfezionati anche grazie alle celebri sette sconfitte consecutive di fine inverno; al termine del suddetto terribile ciclo, infatti, il Delfino è ripartito ancora più determinato e concentrato, conscio del suo enorme e, fino a quel punto solo parzialmente espresso, potenziale.
L’aver messo letteralmente al tappeto il Trapani, in una sorta di knock out calcistico, ci consente, almeno per un giorno, di accostare il Pescara all’immensa figura di Muhammad Ali, il più grande, che, come tutti sappiamo, lo scorso 3 giugno ha abbandonato le sue vesti terrene, rese ormai ingiustamente ingombranti dalla malattia che lo accompagnava da qualche tempo, per intraprendere la strada che più gli compete, quella della gloria immortale. E’ un anno finora triste, questo bisestile 2016, che ci ha privato anche di un altro “profeta”, lo ricordiamo, il mitico “14”, Johan Cruijff; auguriamoci, pertanto, almeno noi pescaresi, di riuscire a compensare parzialmente tutti questi eventi luttuosi, con il ricordo di un trionfo meritato ed esaltante, che cancellerebbe in un sol colpo le infruttuose stagioni del cosiddetto “dopo Zeman”.
Peccato solo di non poter assistere, nel corso della finale di ritorno del prossimo giovedì 9 giugno, allo spettacolo di colore che l’immenso popolo della tifoseria pescarese avrebbe certamente saputo offrire: il piccolo Polisportivo Provinciale, con tutto il rispetto per i granata trapanesi, sarà purtroppo in grado di ospitare solo poche centinaia di tifosi biancazzurri, rispetto alle potenziali migliaia che, nonostante la distanza, ne siamo certi, avrebbero di sicuro letteralmente invaso la punta estrema dello stivale italico, la cui conformazione geografica, auguriamocelo, potrebbe ispirare Gianluca Lapadula e compagni a calciare quante più reti possibili alle spalle dell’estremo difensore locale, consegnandoci quella soddisfazione che da ormai troppo tempo questa città sogna di riassaporare. Il conto alla rovescia è già partito e i frutti del lavoro enorme e certosino attuato da questo fantastico gruppo, dovranno assolutamente essere raccolti; ai posteri l’ardua sentenza dunque, in bocca al lupo ragazzi.