Con il primo mercato di “riparazione” sapientemente gestito dell’era Sebastiani ormai alle spalle, ha avuto inizio all’Arechi di Salerno la volata finale verso l’ambita risalita nella Massima Serie del Delfino.
Il “solito” Massimo Oddo non ha perso tempo, schierando o facendo subentrare a partita iniziata, i nuovi acquisti. Ai più la scelta è sembrata quanto meno azzardata, in aggiunta tra l’altro all’aver schierato dall’inizio l’ancora acerbo Rolando Mandragora (il ragazzo dovrà tirare fuori il meglio di sé nelle prossime settimane se non vorrà rischiare di essere messo in disparte l’anno prossimo dalla Vecchia Signora), in vece di Lucas Torreira, che al contrario nelle ultime gare era parso tra i più in forma, ma la filosofia del Mister è ormai chiara: non esistono titolari inamovibili (fa eccezione il duo d’attacco), bensì un gruppo che deve fare della coesione la sua principale arma vincente.
Antonio Mazzotta dal 1° minuto, il figliol prodigo Cristian Pasquato e il finora un po’ sfortunato Massimo Coda a gara iniziata, sono stati gettati fin da subito nella mischia, insieme all’altro neo-acquisto invernale, quel Daniele Verde autore della rete del momentaneo vantaggio su assist del fantastico Gianluca Lapadula.
Alla luce dei rocamboleschi capovolgimenti di fronte, in un festival di reti, rigori, parate clamorose, goal falliti, espulsioni, ammonizioni e un paio di discutibili decisioni arbitrali, il pareggio è da archiviare come un risultato senza dubbio positivo, nonostante Cagliari e Crotone proseguano inesorabili il loro travolgente cammino. La Salernitana di Leonardo Menichini ha dimostrato di aver ben studiato i temibili avversari biancazzurri, riuscendo loro a impedire il consueto gioco caratterizzato da quelle ragnatele di passaggi rasoterra che rimanda al tiki taka del Barcellona, grazie a un’aggressività e un pressing davvero notevoli, ma anche sorprendenti, alla luce delle ultime deludenti prestazioni; per nostra sfortuna il cambio in panchina ha sortito quell’effetto che ogni società auspica in questi casi (e d’altronde il Pescara dello scorso anno ne sa qualcosa …).
Peccato che una così entusiasmante partita non abbia avuto la cornice di pubblico meritata, la ben nota decisione da parte dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive che ha vietato la trasferta ai supporter adriatici, rappresenta l’ennesima sconfitta, in termini d’immagine, per il calcio nostrano. Non è certo questa la giusta cornice per cercare colpevoli e responsabili di queste scelte, un po’ forzate e un po’ necessarie, ma una riflessione sugli aspetti sociali, che ci pongono, in termini di civiltà, lontani da quelle nazioni calcisticamente nostre vicine di casa e ben più evolute, va certamente fatta. Impianti spesso non all’altezza e scarsa propensione all’educazione civica, sono elementi che i nostri governanti non possono più permettersi di trascurare; è innegabile, piaccia o no, che il Calcio nel nostro Paese rappresenti lo specchio della Società, rendere migliore il primo, significherebbe anche porre parziale rimedio alle mancanze della seconda, pensiamoci!
Il cuore e la mente, in ogni caso, sono già rivolti all’anticipo serale del prossimo venerdì 12 febbraio, ospite del Giovanni Cornacchia il Vicenza dell’ex Pasquale Marino, reduce dall’inopinata sconfitta casalinga per opera della rivitalizzata Virtus Lanciano e quest’anno, ben lungi dai fasti dello scorso campionato, impelagata nelle zone basse della classifica. Potrebbe sembrare una pura formalità, ma proprio la gara di Salerno ha mostrato i pericoli delle gare contro le cosiddette pericolanti, soprattutto quando, giocando in casa, il Delfino si vede costretto a fronteggiare ovvie barricate. Sarà, in ogni caso, festa grande per il gemellaggio, fra tifoserie, più antico d’Italia, giunto alla soglia dei 40 anni, che saranno festeggiati il 9 gennaio del prossimo anno: questo sì il calcio che ci piace, antitetico al suo lato oscuro sopra descritto.