La delibera di permuta del diritto di superficie per la nuova chiesa di Villa Carmine è stata l’ennesima dimostrazione della debolezza di questa amministrazione che naviga a vista e non ha più i numeri per governare, nonostante gli acquisti di fine stagione ai saldi prenatalizi.
Lo sgretolamento della maggioranza è sintomatico di una modalità di amministrare che fa acqua da tutte le parti con il risultato di bloccare qualsiasi scelta strategica, alimentando nel frattempo il bivacco continuo negli intrecci di palazzo senza beneficio alcuno per il destino di Montesilvano. L’ostinazione con la quale il Sindaco puntella la sua maggioranza fondando la sua struttura sulle debolezze umane, celate dietro “il bene comune”, allunga l’agonia di una città da troppo tempo in ginocchio, assuefatta ad un’anomalia apolitica tutta montesilvanese.
Per non parlare poi delle discutibili modalità di gestione di una questione importante per il futuro di un quartiere che interessa una comunità di oltre 10 mila abitanti, che di certo non può essere rimessa alla decisione di un Sindaco o della sua amministrazione, senza aver prima coinvolto ed informato con il tempo dovuto chi vi risiede.
Si parla tanto di processi partecipati, di decisioni dal basso, ma a quanto pare non se ne coglie neppure il senso e l’opportunità. D’altronde se si promuovono come forum tematici degli incontri realizzati grazie alla volontà di pochi cittadini volenterosi, è chiaro che non si abbia la minima idea di quello che un processo partecipato abbia a significare. Ricordo che più di dieci anni fa, l’amministrazione di centro-sinistra a guida del nostro comune diede il via in maniera del tutto innovativa ad un percorso di partecipazione collettiva rientrando nella rete europea di città sostenibili. L’intento era decidere insieme con un piano d’azione locale le linee di indirizzo della Montesilvano del futuro , attraverso una progettualità partecipata e condivisa che poi potesse essere recepita negli strumenti pianificatori e programmatori. Ma questa è un’altra storia!
Sono dell’avviso che la politica non debba intervenire a valutare le volontà di qualsiasi comunità religiosa. Tuttavia in questo caso la decisione di trasferimento di lotto per un luogo di culto è un fatto politico, in quanto interviene sul territorio con una struttura che rimane addirittura secoli, connotando lo sviluppo di un quartiere e di una comunità. E dunque sarebbe stato più che logico informare e ascoltare in primis la collettività che ne usufruisce.
Il buon amministratore sa bene che in un processo decisorio è fondamentale spiegare e far comprendere le ragioni di un’istanza per definire tutti insieme la strada migliore, in maniera da valutare e acquisire coscienza sull’eventuale bontà e convenienza del cambiamento. E’ prassi consolidata che ogniqualvolta una scelta è ancorata alla tempistica di un finanziamento, in questo caso del Cei, senza informare la collettività, si rivela la più inefficace per la sua accettazione. Pertanto, a fronte di come si è proposta la delibera, calata dall’alto e alla chetichella, in un periodo di festività e poi di imminente rientro, senza includere la comunità interessata, mi viene da sospettare su malafede o impreparazione.
In ogni caso due determinanti che ledono il bene della città, in nome del quale sarebbe il caso che il Sindaco rassegnasse le dimissioni.