“Oggi promuoviamo la cultura della legalità proponendo ai nostri studenti dei modelli di vita, ovvero dei testimoni della legalità, persone che con il proprio lavoro quotidiano, con il proprio impegno, sono simbolo della lotta al compromesso, alla ‘scorciatoia’, alla criminalità in tutte le sue forme. Esempi di vita che ci raccontano come non occorra essere ‘eroi’ per divenire protagonisti della correttezza morale, del rispetto delle regole, ma che tali principi devono essere parte fondamentale del nostro pensiero ogni giorno”
Così Alessandra Di Pietro, dirigente dell’Istituto Alberghiero di Pescara, ha aperto, nella mattinata del 17 ottobre, questo appuntamento del XXIII Premio borsellino per il 2018 dal titolo Il dovere della Memoria: il mio ricordo di Paolo Borsellino.
Ospiti dell’evento il Procuratore Luciano Costantini, Presidente della Sezione Penale del Tribunale di Siena, il Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Siena Paolo Panzieri, il giornalista Antonio D’Amore, la Dirigente dell’Istituto Comprensivo Pescara 4 Daniela Morgione, con le classi terze della scuola media Michetti, e Leo Nodari promotore della Fondazione Paolo Borsellino.
Molto intenso, perché pieno di ricordi e tanta nostalgia e tristezza nel ricordo, l’intervento che il procuratore Luciano Costantini che ha fatto tenendo alta l’attenzione di tutti e soprattutto dei ragazzi presenti per oltre un’ora.
Ricordi che hanno emozionato la platea, ricordi di un collega, di un amico e soprattutto di una persona capace di dirigere senza prevaricare di essere sempre fedele a se stesso lavorando con l’onore della legalità.
Nei ricordi del procuratore anche i tristi momenti in cui Falcone fu ingiustamente accusato di “voler solo fare carriera” ledendo la sua giusta visione di una situazione politica che di fatto agevolava la forza e l’espansione della mafia.
Il procuratore Costantini ha ricordato di quando conobbe Borsellino nel lontano 1990 allorché accettò l’incarico di sostituto procuratore di Marsala, a solo 28 anni, e dell’ultima volta che lo vide il 4 luglio del 1992 prima che si recasse a Palermo dopo la morte di Falcone.
In quei periodi lo Stato era contro lo Stato stesso e dopo la morte di Falcone trattò con la mafia con grande disappunto dello stesso Borsellino che forse proprio per questo fu ucciso.
“Non chiamiamoli eroi, ha detto Costantini, sono persone normali come tutti noi con un grande senso dello Stato e del dovere. Grande rigore morale, aveva Borsellino, e si indispettiva quando le cose non andavano come dovevamo. Paolo era invincibile perché non è stato ucciso nella memoria”
Infatti, tutti lo ricordano sia per chi ha vissuto quei tristi periodi sia chi non c’era ma, come i ragazzi presenti, ma che vengono costantemente informati durante le manifestazioni del Premio Borsellino che è arrivato alla XXIII edizione. Informare in questo modo, con le testimonianze di chi c’era e che ancora oggi continua la lotta per la legalità e contro l’omertà, che è negare tutto anche l’evidenza, dà ai giovani la chiarezza di un passato e una buona prospettiva per il futuro.
Il giornalista Antonio D’Amore ad apertura dei lavori, invitato dalla Preside ad esprimere un proprio pensiero ha dichiarato “La mafia non c’è solo in Sicilia, la mafia è un modo di pensare e di agire, è quella cosa che fa vincere il concorso non a chi è più bravo, ma a chi è più raccomandato. La mafia è quella che fa arrivare le minacce al giornalista che osa criticare, che ti incendia il portone di casa, la mafia è il costringerti a pensare che se fai ciò che fanno tutti è meglio, e invece è a quella mafia che dobbiamo dire no".
E nella sua breve, ma incisiva, presentazione l’avvocato Panzieri ha aggiunto una dichiarazione a dir poco inusuale rispetto a quelle che solitamente fanno gli avvocati che tutelano ogni cliente a prescindere dalla qualità morale dello stesso:
“Nel mio lavoro di avvocato se non ci fosse un presupposto di legalità nulla avrebbe senso, il mio lavoro dev’essere quello di difendere i diritti dei cittadini”.
A conclusione dell’intensa mattinata i ragazzi che hanno frequentato il laboratorio della legalità hanno posto delle domande ai relatori soprattutto su quale sarebbe stato il ruolo di Borsellino oggi. Il Procuratore, ha detto che pur non avendo la sfera di cristallo, sicuramente Borsellino avrebbe continuato la sua missione sempre con l’obiettivo del bene Comune che significa legalità onestà e amore per lo Stato.