“Ai miei studenti lancio un messaggio, ricordando la frase ‘per ogni uomo che è stato giusto viene piantato un albero’, ai miei ragazzi chiedo di parlare in classe della ‘Foresta dei Giusti’ riscoprendo il valore della verità, della bellezza e della bontà”. Queste le belle parole che la Preside Alessandra Di Pietro ha voluto lanciare come messaggio ai tanti studenti presenti nell’aula magna dell’Istituto Alberghiero di Pescara.
Stamattina, 19 gennaio, si è celebrata la Giornata della Memoria con la presenza del giornalista e storico Marco Patricelli, dell’artista Alexian Santino Spinelli, docente universitario e ambasciatore della cultura Rom nel mondo, del docente Antonio De Grandis, presidente del Tribunale Ecclesiastico di Abruzzo e Molise, e della professoressa Rosa De Fabritiis, referente del progetto.
Prima delle comunicazioni dei relatori, due studentesse hanno letto poesie, scritte da giovani prigionieri nei campi di sterminio, prima di essere uccisi nelle camere a gas.
Alessandra Di Pietro ha sottolineato che la celebrazione del 27 gennaio non dev’essere un puro esercizio di retorica, ma un momento di riflessione e di scoperta di una verità storica.
Il giornalista Marco Patricelli ha parlato del genocidio come un crimine condotto con metodi scientifici dai Nazisti che raffiguravano gli ebrei come i topi che mangiavano i grano come veri parassiti.
L’ebreo, il rom, l’omosessuale, la prostituta, il testimone di Geova, erano considerati delle scorie senza una vera ragione, senza nessuna base né scientifica né sociale.
Solo il 27 gennaio del ’45, finalmente, il mondo seppe dell’inferno che era stato vissuto nei campi di concentramento e tutti vennero liberati, dall’Armata Rossa, dagli angloamericani. Ma ancora oggi, dopo 70 anni c’è ancora chi contesta quei fatti negando il genocidio avvenuto.
La verità è che l’avversione per il diverso è radicata in tutti i popoli e, proprio il Governo Italiano dopo il 1861 fu il primo Stato a pensare di deportare in Madagascar i soldati meridionali che non giuravano fedeltà ai Savoia, e, per eliminarli definitivamente dal loro territorio, li portò anche in America a combattere nella guerra degli stati Confederali.
Santino Spinelli, rappresentante del popolo Rom, scrittore, musicista poeta e docente universitario, ha parlato della storia del suo popolo che è conosciuto come un popolo nomade, ma che, invece, deve girovagare per le persecuzioni subite: ”il popolo Rom- ha detto Spinelli- è l’unico popolo al mondo che non ha mai fatto guerra a nessuno e non ha intentato nessuna azione terroristica. Popolo che ha subito violenze di ogni sorta. Per il Genocidio tutti sanno che cosa significa Shoah, ma nessuno conosce la persecuzione subita dai Rom. A Norimberga nessun Rom o Sinti (comunità della stessa popolazione) furono invitati per denunciare. Essi non furono risarciti. I Rom furono schiavizzati e furono loro sottratti immobili e denaro.
I Rom furono usati come cavie umane e le case farmaceutiche li utilizzavano per i loro esperimenti perché costavano poco.
Il gas letale fu sperimentato per prima su 300 bambini Rom. Ancora oggi i Rom, non risarciti, sono nella scala sociale gli ultimi: tutti uguali, tutti negativi, tutti ladri.
È importante ricordare tutte le vittime, il 27 gennaio giorno della memoria, c’è una grande confusione con manifestazioni anche di gruppi folkloristici che nulla hanno a che vedere con le vittime.
Hitler diceva che la cultura ebraica e gli ebrei con i Rom dovevano essere estirpati.
Banalizzare la giornata della memoria non è giusto. I giovani hanno il diritto e il dovere di sapere e di essere informati
L’importanza della giornata è capire anche il perché e che cosa ha portato una civiltà così avanzata nel mondo, come quella tedesca, a macchiarsi di tanti nefasti crimini.
Per il popolo Rom bisogna conoscere la storia, dal 1001 al1027, quando l’imperatore persiano li utilizzò per edificare il proprio regno, li deportò il popolo Rom. La storia di questo popolo, nomade per forza e non per tradizione culturale, si è potuta conoscere veramente solo studiando la lingua romanì in cui appaiono termini indiani, arabi e greci.
I Rom non avanzavano con le armi, ma scappavano dalle persecuzioni. Nel 1400 molti stati nazionalistici cercarono di eliminare tutte le diversità per avere un’omogeneità etnica scacciando Ebrei e Rom.
Nel 1483 nella Repubblica della Serenissima, a Venezia, si leggeva che chi ammazzava un Rom non commetteva un crimine e poteva confiscarne i beni.
Oggi esistono i campi Nomadi che rappresentano una forma di segregazione razziale e continuano ad esistere concetti nazisti che affermano che i Rom non vogliono integrarsi.
In Italia vivono 180 mila Rom e 30mila ebrei, ma mentre gli ebrei partecipano alla vita sociale, amministrativa e politica nessun Rom ne fa parte. Le uniche persone che nei campi di concentramento si opposero ai nazisti furono proprio i Rom che fecero uno sciopero della fame che durò dal 16/5/43 al 2/8/43, quando completamente esausti furono tutti eliminati.
Nei campi di concentramento i Rom non indossavano il classico pigiama a righe, non per dar loro merito, ma perché non considerati degni di indossare nemmeno quella triste divisa.
Tutti ragazzi hanno il diritto di sapere. Vivere nelle aree a loro dedicate, tipo i campi nomadi, così come concepiti in Italia, sporchi senza servizi e senza assistenza, genera la sindrome del ghetto che porta disillusione e sofferenza e fa sì che le persone si comportino come chi li ha destinati a quelle aree pensa si debbano comportare, fuori da ogni schema di comune vivere civile”.
Al termine della sua comunicazione Santino Spinelli ha declamato una sua poesia in Romanì ed in italiano che con poche e sentiti versi narra di tutto lo strazio del campo di Auschwitz
Antonio de Grandis, docente dell’Istituto, ha ribadito la necessità di attualizzare gli eventi del passato per evitare gli errori del passato che per evitare che i si possano ripetere bisogna che ci sia il dialogo ed il rispetto con tutte le diversità.
“Tutti noi,- ha detto De Grandis-, siamo diversi, ma i disabili, in special modo psichici, furono oggetto di una dura eliminazione come una vergogna per la razza pura.
La comprensione ha come strumento principale il dialogo anche sul piano religioso.
“Ma che cosa ha fatto la Chiesa?”, ha chiesto una studentessa.
“La Chiesa, ha risposto De Grandis, è stata accusata di non intromissione. Il pontefice Pio XII fece in modo che tutti i conventi di clausura accogliessero i perseguitati, ma ancora oggi la storia non sa dare atto a quel modo di comportarsi non interventista.”
“Ma perché, ha chiesto un altro studente, i ragazzi Rom non si comportano bene? Perché non si adeguano al nostro modo di fare? Perché quando si presentano non parlano bene?”
Santino Spinelli ha risposto che questo modo di fare fa proprio parte della sindrome del ghetto dove chi è costretto a viverci, come i Rom, si adegua a quanto gli altri pensano di loro come dei diversi, degli emarginati.