Il suo nome era Italia: secondo appuntamento di questa nuova stagione di conferenze con Camillo Chiarieri e TUTTE LE STORIE DELLA STORIA D’ABRUZZO. Partendo dai tempi antichi della nostra regione, cinquemila anni or sono, quindi nel III millennio a.c., attraversando i secoli, si giunge finalmente, al termine di una terribile Guerra Sociale, che causò circa trecentomila vittime, nell’88 a.c., alla nascita del suo nome.
Le migrazioni di popolazioni indo-europee hanno caratterizzato la storia dei nostri territori, fin dalla preistoria. Soprattutto i loro usi e costumi, hanno rappresentato la chiave per la loro conoscenza, anche alla luce delle recenti scoperte archeologiche, in particolare dei tanti menhir (monumenti costituiti da un’unica pietra infissa verticalmente nel suolo) che ne hanno evidenziati particolari inediti e, spesso, sorprendenti.
La cosiddetta Ver Sacrum (Primavera Sacra dal latino), che ha avuto origine nel corso dell’età del Ferro, poco prima dell’anno 1000 a.c., ancor oggi ricordata nella celebre festa di San Zopito a Loreto Aprutino (PE), ogni lunedì di Pentecoste, rappresenta un momento focale, giacché nel corso di essa alcuni giovani scelti a sorte erano fatti emigrare in altri lidi, dove, seguendo il loro “animale guida totemico”, si stabilivano fondando nuove città. Queste genti, i Safini, che in seguito i Romani, un po’ per ignoranza, un po’ per una forma di trascuratezza mai del tutto spiegata, differenziarono in Sanniti, Sabini e Sabelli, mentre in realtà si trattava della medesima popolazione, furono coloro nei confronti dei quali siamo debitori del nome Italia, derivante da Vitelium (o terra dei vitelli), così detta per la ricchezza dei pascoli.
Ciò che più affascina sono i misteri che ruotano intorno alle tante necropoli, venute alla luce, che sorgono in quel periodo, come ad esempio la magnifica Pallanum e certamente molte altre ancora se ne potranno scoprire, così da svelarci nuovi e affascinanti particolari dei nostri avi.
Doverosa la parentesi dedicata al celebre Guerriero di Capestrano, risalente al VI secolo a.c. e che sappiamo oggi essere stato il responsabile religioso di una tribù dell’epoca, una sorta di druido (in ogni caso un nobile) di nome Nevio Pompuledio, le cui decorazioni ci hanno tramandato una vera e propria “fotografia” delle usanze di quei tempi lontani.
A cavallo del V e del IV secolo a.c., la Lega Sannitica e la Lega Laziale, che riunivano in pratica rispettivamente le popolazioni adriatiche e tirreniche, si dichiararono battaglia, sfociata nelle tre guerre sannitiche, che modificarono per sempre la geografia sociale e politica del tempo. Tanti sono gli episodi di questo periodo che la Storia ci ha tramandato, fra tutti quello più celebre narra delle terribili Forche Caudine, avvenuto nel corso della seconda delle tre guerre e precisamente nell’anno 321 a.c., che vale la pena sinteticamente di raccontare, visto che i testi scolastici ne hanno profondamente edulcorato la triste verità: i Sanniti con un abile stratagemma catturarono l’esercito romano, che fu costretto alla resa senza nemmeno poter combattere; il comandante sannita, Gaio Ponzio, stupito dalla facile e indolore vittoria, impreparato quindi a gestire le sorti di tanti nemici, decise di chiedere consiglio al saggio ma ormai malandato padre, Erennio Ponzio, circa la decisione da adottare; questi dapprima suggerì di lasciare andare liberi i soldati, ma all’incredulità del figlio, ribatté consigliando di ucciderli tutti … In pratica per l’esperto genitore non esisteva una terza soluzione e l’unico atto da evitare era la loro umiliazione, poiché ben conoscendo il carattere dei suoi nemici, voleva impedire il loro successivo, implacabile, desiderio di vendetta. Sconcertato e forse immaginando che il padre non fosse più in possesso di tutte le sue capacità mentali, Gaio Ponzio decise invece proprio di mortificarli, ricorrendo quindi alle suddette “forche”, dove, come non si legge nei libri di storia, i soldati, completamente denudati, furono anche sodomizzati. Dopo cinque anni, trascorsi a riorganizzarsi e covando la terribile vendetta, preannunciata dall’inascoltato Erennio, i romani si presero la loro rivincita, sconfiggendoli duramente.
L’odierno convegno si è infine concluso, come anticipato all’inizio del nostro articolo, con il racconto della Guerra Sociale (dal 90 all’88 a.c.), detta anche italica o marsica, un conflitto che determinò la fine della Lega Italica, ormai soggiogata definitivamente al grandioso Impero Romano.
L’avventura della nostra meravigliosa Storia, narrata da Camillo Chiarieri, proseguirà il prossimo 17 dicembre, sempre all’interno della Sala Flaiano dell’Aurum, con L’Abruzzo dal crollo dell’impero romano all’età normanna.
Foto I. Barigelletti