La recente sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila che ha confermato il pronunciamento di primo grado sulla “responsabilità” di alcuni ragazzi, vittime del terremoto del 6 aprile 2009, continua a suscitare reazioni e sdegno nelle famiglie e nella società civile. È stata definita una sentenza shock quella dell’ottobre di due anni fa, uno “shock” ancora più forte dopo che il secondo grado ha confermato il verdetto di primo grado. Fu “una condotta incauta trattenersi a dormire” e, quindi, c'è “un concorso di colpa” per alcune delle vittime del terremoto del 6 aprile 2009, morte nel crollo dell’edificio di via Campo di Fossa all’Aquila per due tribunali italiani.
«Ci colpisce in maniera dolorosa – hanno dichiarato dopo la conferma in Appello Silvia Tauro, presidente di Legambiente Abruzzo, e Stefano Ciafani, presidente nazionale della stessa associazione - pur nel rispetto della magistratura e nella consapevolezza del complesso rapporto tra Diritto e Scienza, due anni dopo continuiamo a ripetere che non si può in nessun modo attribuire ai singoli individui la responsabilità di una valutazione oggettiva e certa di rischi e conseguenze».
«Vergognosa» definisce, senza giri di parole, la sentenza Confedercontribuenti. «La Corte d'Appello afferma che la Commissione Grandi Rischi e la Protezione Civile avevano diffuso comunicazioni rassicuranti sullo sciame sismico in atto, e poi subito dopo accusa i ragazzi morti di 'comportamento incauto', perché avevano dato retta a quelle comunicazioni rassicuranti» sottolinea il presidente dell’associazione Finocchiaro.
«Irride tutti la sentenza - scrisse su Il Fatto Quotidiano Liliana Centofanti dopo il pronunciamento del tribunale di primo grado - non soltanto le vittime e noi familiari, ma tutta la comunità che quella notte dormiva in casa perché è così che si fa: di casa si vive, non si muore». Rabbia, dolore, sbigottimento, delusione, amarezza sono i sentimenti che hanno animato quei giorni di due anni fa, sottolineò Liliana Centofanti.
«La tastiera si infiamma e forse, per una volta, chi ha da raccontare ci prova» testimoniò nell’articolo la sorella di Davide, morto nella Casa dello Studente la notte del terremoto. «Si alzano come la polvere di quella maledetta notte, il cui odore rimarrà nelle nostre narici per tutta la vita, reazioni e sentimenti, perché da L’Aquila non si torna».
«Una sentenza del genere rischia di diventare un pericoloso precedente che esautora chi di dovere dal rispondere alle proprie responsabilità, rimandando il tutto a una comunità di individui preda di un surreale meccanismo di autoregolazione per cui avrebbero scelto una forma di suicidio di massa – proseguì la testimonianza di Liliana Centofanti - un pericolo reale di ribaltamento dello Stato di giustizia e dello Stato di diritto alla tutela e alla salvaguardia della vita, aggravando la percezione della correttezza della giustizia in una società sempre più convinta che la buona condotta sia inutile». Le vittime non hanno colpa, non possono avere colpa e non può esser giusto colpevolizzare loro fu il grido di molti nell’ottobre 2022.
Un grido che si sta ripetendo dopo la conferma della sentenza in Appello e che animerà la manifestazione di domani pomeriggio in piazza a L’Aquila. «A distanza di due anni siamo purtroppo ancora qui: le sentenze shock si reiterano e offendono la memoria di ciò che è stato – si legge nell’appello di convocazione - dalla rabbia e nel ricordo di ciò che realmente accadde nel terremoto del 2009, dalla volontà di rivendicare risposte, dalla consapevolezza che non resteremo in silenzio, nasce la scelta di convocare una manifestazione per martedì 30 luglio alle ore 18 presso il parcheggio del tribunale (Villa Gioia)». I rappresentanti istituzionali e l’intera comunità è invitata a partecipare e ai parlamentari del territorio si chiede di attivarsi presentando interrogazioni per far luce su quanto accaduto.