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Pescara, sequestrati 1,6 milioni di euro a due imprenditori dalla Guardia di Finanza

Ampia ed articolata attività d’indagine nata a seguito del fallimento di una società di capitali

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Prosegue senza sosta l’attività delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Pescara, che è concentrata verso il contrasto di quegli illeciti economico-finanziari più gravi, che, in questo periodo di crisi, ancor più incidono, fortemente, sul tessuto economico del territorio, depauperando importanti risorse imprenditoriali.

I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pescara, hanno dato esecuzione ad una misura cautelare interdittiva (divieto di esercitare le funzioni direttive delle persone giuridiche e delle imprese, per la durata di un anno) nei confronti di due soggetti e ad un’ordinanza di sequestro preventivo di denaro, beni immobili e quote societarie per un importo complessivo di oltre 1,6 milioni di euro.

L’attività è stata effettuata in esecuzione di un’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Pescara, su richiesta della locale Procura della Repubblica, all’esito di un’ampia ed articolata attività d’indagine nata a seguito del fallimento di una società di capitali operante in Pescara.

Ai due indagati sono state contestate responsabilità penali per reati fallimentari e tributari, auto-riciclaggio di beni di provenienza illecita e falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico.

In particolare, i due soggetti (legati da stretti vincoli di parentela) che condividono da diversi anni gli stessi interessi imprenditoriali attraverso partecipazioni e cariche societarie in attività di costruzione di edifici, si sono resi responsabili, in concorso tra loro, della sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte, attraverso la sottoscrizione di negozi giuridici simulati da una società pesantemente indebitata con l’Erario, a favore di un'altra società, sempre riconducibile ai medesimi, successivamente fallita.

Gli immobili così pervenuti alla stessa, successivamente fallita, sono stati poi fraudolentemente distratti a favore di una terza  società, sempre riconducibile agli indagati, attraverso la stipula di contratti di compravendita anch’essi simulati, con grave pregiudizio dei creditori della società fallita.

Ad uno degli indagati è stata poi contestata anche la falsità ideologica, poiché, al fine di sottrarsi alle indagini per il delitto di bancarotta fraudolenta, presentava ad altra forza di polizia, una denuncia di danneggiamento della documentazione contabile di una società a lui riconducibile, successivamente fallita.

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