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Sicurezza stradale: una nuova lingua da imparare e parlare, meglio praticare, il prima possibile

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La intersezione antistante il sottopasso ferroviario che si imbocca venendo dal tribunale per andare verso il carcere è un grande circuito di asfalto senza alcuna segnaletica di incanalamento, dove tutti possono occupare un proprio spazio seppur indefinito, cercando, meglio, di mantenersi a destra. La strada è larga e quindi la si può affrontare con una certa velocità. Se si è cicliste o ciclisti molto meno.
Deve essere stata questa la ragione per cui una bicicletta e un furgone si sono ritrovati sulla stessa traiettoria verso le venti di giovedì scorso, e l'utente più debole, una donna sulla sua due ruote, è finita a terra. Una bella differenza di massa: molto lontana dai cento chili lei, molto vicino ai duemila il mezzo a motore. Lei lenta, l'automezzo veloce. Eppure la strada da fare è la stessa, senza ripartizione alcuna.

Quando siamo casualmente passati sul posto, gli infermieri del soccorso erano intenti a spostare con delicatezza la donna sulla barella. Misura cautelativa, ma che non lasciava presagire niente di buono. Il furgone un po più in là senza danno alcuno. Ovviamente.
Non è la prima volta di un incidente in rotatoria in cui è coinvolta una bici. In effetti in queste situazioni la percezione delle velocità e dei movimenti è falsata e non è facile calcolare in modo appropriato i tempi di attraversamento. Ecco perché mezzi con velocità così differenti dovrebbero viaggiare su corsie diverse, riservate.
Di questi luoghi di risoluzione delle criticità dei flussi la città è piena, peccato che risolvano meno i problemi di sicurezza.
Una volta realizzato. il "rondò" andrebbe funzionalmente arredato, attrezzato con una corretta segnaletica dedicata. Non si tratta solo di fluidificare, ma anche di contemplare la presenza di diversi soggetti che si muovono con velocità e ingombri completamente diversi.

Se pensiamo un attimo a casi recenti, come la rotatoria di Piazza Unione, o quelle agli estremi del Ponte delle Libertà, non possiamo non darci pienamente ragione. Ma raccontarlo alla donna, l'ennesima, che provava giovedì sera a fare la rotatoria come se fosse alla guida di un mezzo motorizzato, potrebbe risultare inopportuno.
Sarebbe invece molto opportuna una riflessione di tutti quelli, noi compresi, che ragionano di mobilità vecchia e nuova, con l'auspicio che dalle idee prenda quanto prima corpo, ognuno per quanto di competenza, un progetto di sicurezza concreto, giusto, che parli una lingua chiara e soprattutto del futuro, anzi presente, il più presente possibile.
 

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