Rotatoria via Marconi via Tommaso da Celano. Anna, studentessa spagnola in Ingegneria delle costruzioni, in Italia per l'Erasmus, arriva con la sua bicicletta, ma la signora con l'auto arriva un po' lunga all'incrocio. L'urto è inevitabile. Anna è a terra, la bicicletta ha il cerchione tutto piegato, la forcella storta, il cestino ammaccato. Pochi secondi e lei è seduta al bar li di fronte rassicurata da diverse persone. Si è sbucciata un gomito e ha un po' male al ginocchio. Le chiedo, nel mio incerto spagnolo, come si sente e se devo chiamare un medico. Lei dice di no, ma provo lo stesso a telefonare al 113 e al 118. Mi dicono che intervengono solo se la situazione è grave, ma io non lo so. Non se ne fa niente.
La bicicletta è bloccata, non ci penso due volte e corro a chiamare il mio amico ciclista Alessandro Rocco della Ciclofficina Veloclubpe, gli spiego cosa è accaduto. Lui si carica una ruota di soccorso sulle spalle, si ficca due inglesi in tasca e in due minuti siamo lì. Vedo che lei sorride e scopro che si conoscono. Tiro un sospiro di sollievo.
Questo è un esempio estremo di situazione di pericolo, finito in un incidente, che tutti i ciclisti in città vivono quotidianamente, in ogni tratto di strada, in ogni momento. Pescara potrebbe/dovrebbe scegliere quale modello di mobilità scegliere per il proprio futuro più immediato, che non può essere quello delle strade dedicate solo al traffico automobilistico.
Prevedere che la mobilità prevalente nel contesto urbano debba essere per meno del 50% riservato alle auto, e quindi per la restante parte alla mobilità sostenibile, cioè trasporto pubblico e bici, fa parte del pacchetto di proposte emerse dagli Stati generali della mobilità nuova che si sono chiusi pochi giorni a Bologna e che saranno sottoposte al Governo.
Pescara ha tutte le carte per giocare in anticipo su questi temi e presentarsi come una città nuova e rinnovata, che guarda ad un futuro diverso da quello che fino ad oggi con troppa distrazione si è fatto è realizzato. Il tempo c'è, ma, per favore, sbrighiamoci.
Non facciamocelo dire e chiedere da Anna, studentessa universitaria spagnola.