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L'Aquila: Questione del popolo abruzzese, italiano ed europeo

Con la ricostruzione pubblica ferma al palo, l'autodeterminazione popolare può rappresentare una responsabile svolta socio-politica decisiva

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A 10 anni dal terremoto che ha devastato L’Aquila ed il territorio circostante è importante fare un bilancio della tanto sbandierata ‘ricostruzione’. La ricostruzione edilizia ha fatto dell'Aquila il più grande cantiere d’Europa. La maggior parte delle abitazioni danneggiate sono state riparate o ricostruite ex novo. Diverso è il discorso per il grande centro storico della città (tra i primi 10 in Italia) e per i piccoli centri delle numerose frazioni (circa 66) e dei comuni limitrofi. Qui si è ancora in alto mare, con i palazzi ancora danneggiati e i puntellamenti ormai vecchi. Frazioni e borghi si stanno di conseguenza paurosamente spopolando.
La ricostruzione ha tutte le caratteristiche di una grande opera. Tanti soldi che finiscono in poche tasche, profitti massimizzati con l'impiego di un numero esiguo di operai per cantiere, corruzione diffusa nell'assegnazione degli appalti ed una inesistente redistribuzione della ricchezza che sta provocando un gigantesco divario tra le classi sociali. Tanti nuovi ricchi e tanti nuovi poveri. L'economia locale infatti stenta a ripartire. Addirittura, nel più grande cantiere d’Europa, ci sono operai edili in cassa integrazione o disoccupati!
Una gran parte dei giovani si arrangia tra lavoretti precari e/o sottopagati, anche negli stessi studi di ingegneria molto attivi nella ricostruzione. Le poche attività riaperte in centro sono costrette a vivere tra cantieri, polveri, disagi continui e palazzi di pregio ma vuoti. La vita sociale si riduce al consumismo nei centri commerciali in periferia o alla frequentazione dei tanti bar, pub, birrerie del centro. Una visione cieca, disordinata e disorganica della città che unisce le due amministrazioni, sia quella passata a guida PD che l’attuale a guida Fratelli d'Italia, in un continuum di mancanze che ci restituiscono una città degna di un romanzo di Italo Calvino: L’Aquila è tutta una città periferica. Le politiche bipartisan hanno prodotto nell'immediato post-sisma la costruzione di 19 newtowns, detti "progetti c.a.s.e", ubicatee in zone prive di ogni servizio, lontane dalla città, senza luoghi di ritrovo. In pratica desolanti casermoni-dormitorio dove oggi alloggiano ancora le fasce sociali più deboli, allontanandole ancora di più da un centro storico che si avvia verso un inesorabile processo di gentrificazione. Una vera e propria cittadella per pochi eletti.
La ricostruzione pubblica è ferma al palo. Solo una scuola è stata ricostruita. Studenti e studentesse di ogni fascia d'età sono ancora, in massima parte, ospitati nei M.U.S.P. (moduli ad uso scolastico provvisorio), che di provvisorio dopo 10 anni hanno ormai ben poco. Eppure I soldi in cassa per le scuole ci sono dal 2013 (circa 47 milioni), ma nessuno é ancora riuscito a capire per quale perversione burocratica siano fermi.
Invece i grandi centri commerciali, costruiti in tempi record, continuano ad imperversare ovunque fuori città. Ultimo regalo dell'amministrazione attuale è la delibera che autorizza la costruzione dell’ennesima area commerciale in periferia e su un'area verde, contro la quale abbiamo promosso una raccolta di firme che sta riscuotendo importanti consensi. Il consumo di suolo e la relativa cementificazione hanno talmente caratterizzato gli ultimi 10 anni che ci ritroviamo oggi con un gigantesco patrimonio immobiliare che soddisferebbe le esigenze di una città di 140.000 abitanti! Nonostante il forte spopolamento subìto e la cronica mancanza di lavoro, non comprendiamo e non condividiamo la necessità di costruire nuove aree commerciali. Per di più, ad uno sguardo più attento, non sfuggirà certamente il fatto che qui siamo in presenza delle vecchie abitudini della politica più becera di elargire concessioni ai propri "amichetti". La vita lavorativa di questa comunità si fa ogni giorno più difficile e il terremoto è stato quasi una scusa per molti im-prenditori per chiudere e riaprire altrove. A fronte di un ultimo licenziamento di 95 lavoratori, come quello alla Intecs ad esempio, non pensiamo che la situazione possa essere risolta con una manciata di assunzioni in negozi e supermercati. La responsabilità di questo quadro cittadino disastroso è ascrivibile alle scelte, o non-scelte, delle amministrazioni che si sono succedute nel post-sisma, con la variante che nell'attuale consiglio comunale, oltre all'inadeguatezza delle risposte nei confronti della città, si aggiunge quella sfumatura xenofoba di 'Prima gli aquilani' e "Dio, patria e famiglia" tanto cara alle destre. In questi 10 anni c’è stato uno sforzo enorme da parte di tanti cittadini, associazioni di categoria, enti sociali o culturali, per far fronte ad una situazione così difficile.
C’è stata anche una importante reazione creativa che ha portato tanti cittadini e cittadine, tra cui tanti giovani, ad autodeterminarsi attraverso processi di ricostruzione sociale dal basso. Gli unici che hanno veramente funzionato. Le tante assemblee cittadine hanno permesso di ricomporre un tessuto sociale molto frammentato attraverso l'elaborazione collettiva del lutto e, alla faccia degli 'esperti' della ricostruzione, di riscrivere insieme un'altra narrazione della città che vogliamo. Queste idee continuano a vivere nelle varie forme di resilienza e resistenza che perdurano nel tempo attraverso spazi sociali, comitati, associazioni, laboratori teatrali e artistici fino alla rivendicazione di una partecipazione diretta nella vita politica, anche a livello istituzionale, in modo indipendente. Continuiamo infatti ad essere frammenti che vengono sparati fuori come i semi di quegli alberi che si autorigenerano e si radicano nel suolo per germogliare in mezzo a gru e cemento. Noi ci saremo, perché qui vogliamo continuare a vivere, a resistere, a lottare per rivendicare il diritto al futuro nelle aree interne, anche contro quelle grandi opere come il gasdotto Snam che vorrebbero costruire attraverso il nostro territorio, così come contro tutte le devastazioni ambientali e tutte le logiche classiste del profitto che ci vorrebbero richiusi all’interno di città-dormitorio.

Potere al Popolo L’Aquila

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