Questa frase, detta da Falcone, è stata il motivo conduttore dell’ultimo appuntamento con il progetto Educazione alla Legalità dell’Istituto Alberghiero De Cecco, svoltosi il 22 maggio, nell’aula magna in Via dei Sabini, in collaborazione con l’Associazione Falcone e Borsellino, e finanziato dal MIUR, con Don Aniello Manganiello parroco di Scampia, e l’attore Pietro Sparacino.
Con questa quinta tappa si è chiuso il primo ciclo di incontri in un percorso di 12 incontri che hanno offerto agli studenti l’opportunità di confrontarsi con personaggi di spicco della cultura, della Magistratura, dello sport, tutti protagonisti della lotta contro la mafia.
La giornata, Palermo chiama, Pescara risponde, è stata dedicata alla vigilia dell’anniversario della strage di Capaci in cui furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie, Francesca Morvillo, e gli uomini della scorta.
La Preside Alessandra Di Pietro ha aperto i lavori parlando del progetto:
“Il Ministero per l’Istruzione ha scelto per il 2017 il progetto presentato dall’Istituto Alberghiero tra i tanti giunti dalle scuole di tutta Italia, assegnandoci il massimo punteggio, per Qualità del progetto, innovatività e fruibilità del progetto, delle attività e delle metodologie proposte, attestando, dunque, la bontà del lavoro di preparazione e l’impegno profuso dalla nostra scuola, con l’Associazione Falcone e Borsellino nel portare avanti la divulgazione dei principi della legalità.
Il senso della progettualità è quello di promuovere una cultura sociale nelle scuole fondata su valori forti, come la democrazia e l’integrità, il rispetto delle norme di comportamento, dunque l’educazione alla legalità che è un obiettivo trasversale a tutte le discipline e a tutti gli indirizzi ed è il presupposto fondante nella formazione del cittadino. Parte essenziale e importante del progetto è l’adesione e la compartecipazione all’organizzazione del 22° Premio Nazionale ‘Paolo Borsellino’ che lo scorso anno ha riscontrato un successo straordinario tra i nostri studenti. Con noi sul tema Palermo chiama, Pescara risponde, sono: Don Aniello Manganiello, parroco di Scampia, Garante del Premio Borsellino, che è ormai è diventato un amico dei nostri studenti e dell’Istituto Alberghiero e che, alcune settimane fa, ha inaugurato la prima tappa del nostro stesso progetto, la Presidente della Giunta Distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati Abruzzo Valentina D’Agostino ed il Questore di Pescara Francesco Misiti”.
Valentina D’Agostino, intervenendo, rivolgendosi ai ragazzi presenti, ha fatto un lungo discorso puntuale circa la necessità di compiere il proprio dovere, come proprio diceva Falcone che, molto spesso, faceva riferimento al dovere morale, etico, giuridico.
“Noi oggi abbiamo il dovere della memoria –ha detto la D’Agostino - il dovere di rendere il giusto tributo a Falcone, a Francesca Morvillo e agli agenti della scorta che, con la propria morte, hanno scosso la società civile che ha finalmente trovato il coraggio di reagire. Da quel momento è cominciato un cammino verso la consapevolezza del fenomeno mafioso, ricordo la rabbia della gente dinanzi all’omicidio di Paolo Borsellino e la rabbia verso i politici romani che non sembravano particolarmente coinvolti nella lotta alla criminalità organizzata. Giovanni Falcone è stato ucciso perché era temibile per le innovazioni che stava introducendo sia sotto il profilo investigativo nelle tecniche d’indagine, sia come approccio culturale. Fu il primo a capire l’importanza di entrare in contatto con chi poi, come Tommaso Buscetta, fu collaboratore di giustizia che portò a celebrare il maxi-processo a 400 affiliati alla mafia con 19 ergastoli e molte condanne agli affiliati mafiosi. Falcone è stato il primo a compiere il proprio dovere senza voler essere giudicato e ricordato come eroe”
Don Aniello Manganiello, mettendosi tra i ragazzi, ha voluto ricordare che: “Falcone ha pagato con la vita per fare solo il suo dovere, che significa fare il bene del Paese e non seguire solo gli interessi personali. Falcone è stato tanto contrastato, ogni volta che si profilava un incarico, gli si impediva di assumere compiti superiori ed è stato continuamente bersagliato, ma proprio per questo è credibile. I giovani devono cercare persone credibili cui affidarsi, devono trovare dei modelli per la crescita armonica della vita, per fare di sé stessi dei capolavori, non può essere il cellulare la guida formativa. Ma la parola dovere non ci piace, ci fa pensare a un limite della nostra libertà, ecco perché per fare il nostro dovere dobbiamo sempre cercare le ragioni profonde.
La scuola non è un dovere è un’opportunità da cogliere nella vita perché, diceva Don Milani, che ogni parola non imparata oggi è un calcio domani. E non ci piace neanche la parola sacrificio perché potrebbe significare privazione, dolore, rinuncia. E invece, io dico ai ragazzi di aderire al sacrificio, di non accontentarsi del 6 a scuola o di volare basso, di non ammalarsi della sindrome del bonsai. E poi la dignità che è il rifiuto della corruzione, della raccomandazione. Ognuno deve fare la propria parte per il bene comune. Falcone e Borsellino non erano eroi, perché definirli tali significa far crescere in noi l’alibi e la convinzione che non possiamo farcela, che non possiamo arrivare a quel livello di coraggio espresso dai due giudici. E invece non è così: a Scampia, quando venni minacciato dalla famiglia Lo Russo, io stesso ho rifiutato la scorta perché volevo vivere le stesse difficoltà della gente della mia parrocchia, volevo continuare a fare la mia parte. Nella lotta al pizzo non è la reazione individuale che produce effetti, ma quella collettiva di tutte le vittime, com’è successo a Bagheria e ad Ercolano dove tutti i commercianti insieme sono riusciti a far arrestare gli estorsori. Quindi tre sono i valori che non dobbiamo mai perdere di vista: il dovere, il sacrificio e la dignità, come diceva Falcone: per costruire una società sana occorre che tutti compiano il proprio dovere, costi quel che costi.”
L’attore Pietro Sparacino, con intelligente ironia, ha parlato della Sicilia e dei suoi abitanti e di quanto questi rimangono loro malgrado coinvolti nelle storie di malavita e di cattiva amministrazione della cosa pubblica.
Gli attori Fabio Di Cocco ed Enza Paterra, hanno, poi, concluso leggendo brani tratti dal libro di Giovanni Falcone Cose di Cosa Nostra.