La III Serie delle meravigliose conferenze di Camillo Chiarieri ha preso il via con un doveroso omaggio a una delle famiglie che in assoluto ha dato lustro alla città di Pescara e all’intero Abruzzo: i Cascella (leggi qui il focus sulla famiglia Cascella).
Nell’ormai collaudato e consueto scenario della Sala Flaiano, all’interno dell’Aurum di Pescara, alla presenza di un pubblico sempre numeroso e interessato, le vicende della famiglia di artisti più celebre che il Capoluogo adriatico abbia mai generato, sono state sviscerate, con l’ausilio di diapositive che ne hanno mostrato le opere più importanti, da un Chiarieri ormai sempre più a suo agio nel suo ruolo di divulgatore della storia e delle bellezze locali.
Tutto ebbe inizio con la nascita di Basilio, nel 1860, patriarca della dinastia e vero genio eclettico della sua epoca. Fin da piccolo manifestò enorme interesse per la tipografia, da lui stesso trasformata in arte, come mai prima di allora. Giovanissimo, si trasferisce per fare esperienza, prima a Roma, poi a Napoli e, in seguito alla chiamata di leva, a Pavia, dove l’incontro con un gruppo di “scapigliati”, giovani facenti parte del famoso movimento artistico e letterario sviluppatosi dalla seconda metà dell’Ottocento, in particolare appunto nell’Italia Settentrionale, fece la sua fortuna, traendone una vigorosa fonte d’ispirazione.
In seguito, dopo aver conosciuto e sposato la donna, anzi la musa, della sua vita, giacché a lei dedicò molte delle sue opere più famose, ovvero Concetta Palmerio, fece ritorno nelle terre natie, dove frequentò il celebre Cenacolo Michettiano, diventando fra l’altro amico di Gabriele D’Annunzio, con il quale spesso collaborerà, e iniziò a istruire alla vita artistica due dei suoi sette figli, i più dotati, Tommaso e Michele, accompagnandoli in lunghe e appassionanti lezioni tra le rive dell’Adriatico e i Colli del pescarese.
Il cosiddetto Simbolismo Cascelliano sarà il marchio di fabbrica di Basilio che però, spesso, nel corso della sua esistenza, come si deduce dal titolo della conferenza, fu costretto a utilizzare l’arte per vivere, anziché, come ogni artista vorrebbe, il contrario, dovendo sfamare la famiglia. Per questo si diede alla produzione di cartoline riproducenti scenari di vita locale ed etichette pubblicitarie, ma dalle stampe che ancor oggi fanno mostra di esse presso la sua vecchia abitazione in Viale Marconi, in seguito trasformata dal figlio Tommaso in quello che oggi è un Museo civico, si deduce come l’anima artistica prendeva comunque il sopravvento anche in quella semplice attività.
Nel 1899 inaugura per la prima volta quello che rappresenterà per buona parte della sua vita, il sogno da realizzare, una rivista di arte grafica regionale, che chiamerà “L’Illustrazione Abruzzese”, destinata però a durare pochi numeri, visto lo scarso interesse commerciale di un prodotto, per l’epoca, troppo “importante”.
La famiglia di Basilio e Concetta, anche a causa della Prima Guerra Mondiale, attraverserà spesso duri momenti, che per inciso alla lunga causeranno la morte abbastanza prematura (nel 1929 a soli 64 anni) di lei, ma mai la vena artistica si esaurirà. Affascinato dallo stile Liberty, il capostipite riuscì, per primo, a conciliare il verismo e il simbolismo, all’epoca considerate in forte antitesi e il meraviglioso quadro “Il bagno della pastora” del 1900 (con la moglie Concetta a fargli da modella), smarrito e poi fortuitamente ritrovato dopo tanti anni dalle Ferrovie dello Stato, ne descrive perfettamente la sintesi.
Nel 1905, ad esempio, il suo Stabilimento Cromolitografico, costruito all’epoca del suo ritorno a Pescara grazie ad una concessione del Comune, fallì a causa di un periodo di enormi difficoltà economiche, ma proprio quelli a venire furono gli anni in cui traspose tutte le sue energie a erudire i figli, divenendone in seguito una sorta di vero e proprio manager, tanto che nel 1909 Tommaso e Michele espongono a Parigi (all’età di 19 e 17 anni), divenendo in breve gli enfants prodiges artistici dell’epoca.
Numerosi sono gli episodi narrati nel corso delle due ore di conferenza, ne ricordiamo uno in particolare, quello che ha visto Tommaso, soldato di leva in Francia nel corso della Grande Guerra, condannato alla fucilazione e salvato dal Vate, all’epoca residente a Parigi, che lo riconobbe garantendo per lui.
Una delle tante intuizioni del genio Basiliano fu di anticipare l’importanza che avrebbe avuto, dopo la Guerra, la ceramica artistica nel corso dei lavori di ricostruzione. Si trasferì pertanto a Rapino, dove sappiamo una famiglia di Castelli portò quella nobile arte nei primi anni dell’Ottocento e qui trovò la sua consacrazione il terzo figlio artista, Gioacchino, che frequentò la bottega del celebre Luigi Bozzelli (sposandone in seguito la figlia), divenendo in breve uno dei migliori ceramisti in assoluto. Nel 1926 Basilio e i suoi tre figli finalmente ricevettero un’importantissima consegna, quella di realizzare alcuni grandi pannelli ceramici per lo Stabilimento termale di Montecatini, la cui opera risolse anche in maniera definitiva ogni problema di carattere economico.
Dal 1929 (anno, come detto, della scomparsa della consorte) al 1934, Basilio fu anche Onorevole della Camera dei Deputati, nel corso della cui Legislatura si preoccupò con successo di garantire un futuro ai giovani e promettenti artisti dell’epoca.
Le strade di Tommaso e Michele, in seguito, si divideranno; il primo si preoccupò, con le sue opere, di recuperare il patrimonio culturale locale che, come aveva intuito, di lì a breve sarebbe andato via via scomparendo, mentre il secondo girò il Mondo con successo, esponendo anche negli Stati Uniti.
Basilio, che ormai viveva stabilmente a Roma, prima di morire tornerà a Pescara, dove propose all’Amministrazione comunale un progetto artistico che voleva esaltare l’opera e la vita dell’amico Gabriele D’Annunzio, ma gli strascichi del Fascismo erano ancora troppo vivi negli occhi e nei cuori dei pescaresi, che non accolsero benevolmente la proposta, costringendolo mestamente a fare ritorno nella Capitale, dove si spegnerà nel 1950, continuando a ricordare fino alla fine la sua Pescara.
Tommaso morirà nel capoluogo adriatico nel 1968. Due dei suoi figli, Andrea (vissuto fino al 1990) e Pietro (deceduto a Pietrasanta nel 2008 e a cui siamo debitori di uno dei simboli della pescaresità moderna, La Nave) proseguiranno con successo la tradizione di famiglia, grazie alle loro opere scultorie.
Detto di Gioacchino, che resterà per sempre a Rapino, fino alla sua morte, avvenuta nel 1982 e di Michele, che ebbe vita lunghissima, deceduto a Milano nel 1989, Camillo Chiarieri, prima di salutare i convenuti, ha voluto precisare come le opere di questi grandi maestri del Novecento, siano per lo più custodite nel già citato Museo Civico Cascella a Pescara, dove però non hanno il risalto che meriterebbero: un messaggio forte e chiaro nei confronti della cittadinanza e delle Amministrazioni, che dovrebbero doverosamente porre maggiore attenzione nei confronti di tali illustri concittadini.
Appuntamento a sabato 12 dicembre, con la seconda conferenza di questo nuovo ciclo, l’Abruzzo dai Normanni agli Angioini.