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“Le scuole di cui abbiamo bisogno e perché non le abbiamo”, se ne parla all'Università

Appuntamento nel Campus di Pescara - Aula “Federico Caffè” il 13 febbraio dalle ore 11

Redazione
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La presentazione della traduzione italiana del libro di E.D. Hirsch Jr. “Le Scuole di cui abbiamo bisogno e che non abbiamo” sarà al centro di una Tavola rotonda organizzata dal Dipartimenti di Economia della “d’Annunzio”, il prossimo 13 febbraio, alle ore 11, presso l’Aula “Federico Caffè”, nel campus universitario di Pescara. Ne discuteranno i professori Francesco Bilancia, docente di Diritto pubblico presso l’Università “La Sapienza” di Roma, Claudio Crivellari, docente di Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Lettere Arti e Scienze sociali della “d’Annunzio”, Tonio Di Battista, docente di Statistica presso il Dipartimento di Studi Socio-economici, Gestionali e Statistici nonché Prorettore per la sede di Pescara della “d’Annunzio”, Paolo Di Remigio, professore di Filosofia presso il Liceo Classico “Delfico” di Teramo, e Serena Doria, docente di Probabilità statistica e matematica presso il Dipartimento di Ingegneria e Geologia della “d’Annunzio”.

“Lo scopo della tavola rotonda - spiega il professor Fausto Di Biase, docente di Analisi matematica presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara e responsabile dell’organizzazione dell’evento - è presentare la traduzione italiana del libro di E.D. Hirsch, jr., dal titolo Le scuole di cui abbiamo bisogno e perché non le abbiamo. Le incaute riforme scolastiche che hanno traviato la scuola europea e quella italiana - precisa il professor Di Biase - si ispirano a modelli statunitensi. Di qui l’urgenza di studiarli accuratamente. Indispensabile a tale scopo è questo libro di E.D. Hirsch, Jr., che documenta lo sfacelo della scuola americana e lo spiega con l’impatto di un complesso di idee influenzate dal naturalismo romantico e da una concezione formalistica delle abilità, che soggiace ai tabù rousseauiani sulla scrittura e sulla trasmissione delle conoscenze teoriche, e impedisce dunque alla scuola di insegnarle in modo diretto, riducendola a un ambiente di apprendimento nel quale gli alunni acquisirebbero le abilità formali per evoluzione interna risvegliata dalle attività spontanee. Di fatto essi sono abbandonati all’ignoranza. Poiché la mancanza di istruzione colpisce con più forza i figli delle famiglie svantaggiate - conclude il professor Fausto Di Biase - la scuola che rinuncia alla conoscenza per il timore ugualitario di differenziare gli alunni, non solo, come capì Gramsci, esaspera il divario di classe, ma fa mancare la cultura comune necessaria alla mediazione dei contrasti politici, così che la società perde la capacità di dialogo e si disgrega”.

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