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Radici in Comune: "Messi all'asta gli alberi della Riserva Naturale Pineta Dannunziana"

Il legname "non può essere mandato in fumo, affidandolo ad aziende che usufruirebbero di inverosimili incentivi statali per mandarlo al rogo"

Redazione
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“L'Ente gestore, ovvero il Comune di Pescara e nella fattispecie la Giunta comunale, mette all'asta gli alberi della Riserva Naturale Regionale Pineta Dannunziana, patrimonio della collettività, dopo aver ignorato, per l'intero mandato di 5 anni (2019-2024), l'esistenza del relativo Piano di Assetto Naturalistico”. 

E' quanto denuncia la lista Radici in Comune, evidenziando che dopo l'approvazione dello stesso atto nel 2018 e la sua “tardiva pubblicazione” sul Bura il 13 febbraio 2019, in tutte le versioni del Documento Unico di Programmazione (DUP), redatti dall'amministrazione dal 2020 al 2023, alla voce: "Riserva Naturale Regionale Pineta Dannunziana" il testo esordisce sempre con le stesse parole: “Nelle more del completamento da parte della Regione Abruzzo dell'iter approvativo del Piano di Assetto Naturalistico (avvenuto come detto nel 2019), andranno perseguite le seguenti azioni (...). A pag. 103 del DUP 2023-2025, ma anche degli altri, si legge inoltre: ”Gestione – Nelle more della definizione, da parte del Consiglio comunale, di un più incisivo e potenziato assetto di gestione della Riserva, si procederà, in coerenza con il PAN, alla realizzazione di strutture di accoglienza volte a garantire sostenibilità economica ad azioni di gestione organiche dell'area protetta". 

Radici in Comune sottolinea che "altre simili "enigmatiche" dichiarazioni, ripetute in fotocopia, chiudono in tutti i Dup il breve capitolo sulla Riserva. Quindi mai nominato un Comitato di gestione, né tanto meno la Direzione scientifica! Dopo l'incendio dell'agosto del 2021, di fronte al quale, nonostante gli allerta meteo, l'Amministrazione si è fatta trovare gravemente e drammaticamente impreparata, la stessa ha continuato a ritenere non necessaria una governance scientifica interna, ma si è avvalsa, con bizzarre e improvvisate formule, di variegate consulenze esterne, in modalità per nulla coerenti con la norma istitutiva dell'area protetta".

Fino ad arrivare "alle attuali attività di "bonifica" e rimozione delle presunte "macerie" lasciate dal fuoco, ovvero il legname bruciato. Proprio quest'ultimo, il cd materiale di "esbosco", è stato valutato dal progettista, nonché DL dell'intervento, "nelle disponibilità della ditta appaltatrice" oltre che di "scarso valore di mercato" tanto da suggerire all'Ente appaltante (il Comune) di bruciarlo, indicando anche dove (impianto di Biomasse di Termoli), paradossalmente trasformando gli alberi da "riserve di carbonio" a fonte di emissione di CO2: un mondo alla rovescia!", rimarca Radici in Comune.

"Abbiamo consultato tutte le attuali norme vigenti in materia, dalla Legge 21 novembre 2000, n. 353: "Legge-quadro in materia di incendi boschivi", alla Legge 14 gennaio 2013, n. 10: "Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani", e finanche L.R. 4 gennaio 2014, n. 3: "Legge organica in materia di tutela e valorizzazione delle foreste, dei pascoli e del patrimonio arboreo della regione Abruzzo", ma tutte  rimandano ai PAN vigente, dove non vi è  riferimento alcuno a tale pratica, né tanto meno alla sua messa all'asta (per fare non si sa cosa)".

Infine Radici in Comune afferma: "Si è letteralmente increduli rispetto a quanto questa amministrazione sia riuscita a non fare in termini di attuazione delle norme (a partire dal Pan e dal Codice degli appalti) e di converso a danneggiare l'area protetta con una sequenza sorprendente di attività, ordinariamente di "giardinaggio", finanche alla distruzione di interi lembi di pineta come è avvenuto nel caso della realizzazione del Pendolo, 600 metri di follia viaria che oggi attraversano l'area protetta con il passaggio previsto di milioni di auto. Il legname della Riserva non può essere mandato in fumo, affidandolo con un'asta ad aziende che usufruirebbero di inverosimili incentivi statali per mandarlo al rogo, producendo CO2, ma deve essere restituito alla stessa area protetta ovvero a tutte le aree verdi della città, perché è alla città e ai suoi abitanti che detto patrimonio appartiene".

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