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Lecci di piazza Sacro Cuore e corso Umberto, la posizione dell'ordine agronomi e forestali

Gli alberi "non purificavano più l’atmosfera dalla CO2 da molto tempo e non fornivano nemmeno più i benefici ecosistemici di cui parlano le linee guida ministeriali sulla gestione del verde urbano"

Redazione
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L’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Pescara vuole portare un contributo scientifico al dibattito sui Lecci di Piazza Sacro Cuore e Corso Umberto di recente sostituiti con nuovi esemplari di altre specie. “Come scritto diverse volte la morte dei Lecci in tutta Pescara parte da lontano”, scrive l'Odaf. “Già dai primi anni 2000 i Lecci di corso Umberto mostravano segni evidenti di deperimento e di invecchiamento precoce. Le cause sono da ricercare al Kermococco vermiglio, la cocciniglia che porta a morte questa specie, e al cambiamento climatico in atto che crea siccità invernali fatali per il Leccio. Questo fenomeno, studiato dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze, sta portando alla morte tutti i Lecci nelle città del centro e del sud Italia proprio a causa dello stress idrico invernale che predispone la specie all’attacco della Cocciniglia che trova piante stressate e deperienti. Inoltre, estati più calde e umide favoriscono l’aumento dell’attacco del Kermococco”. 

E a questo “si aggiunge anche il PAN sull’utilizzo degli agrofarmaci che vieta l’impiego di insetticidi nelle aree urbane”. Anche l’endoterapia “è stata limitata, da parte del Ministero della Salute, con la recente messa al bando dell’insetticida abamectina”, spiega l'Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali. “Veicolare comunque insetticidi con una siringa negli alberi è efficace solo se questi sono ancora in buona salute. Pertanto i Lecci delle aree in questione erano già messi male da oltre vent’anni e provare a curarli non avrebbe dato nessun risultato visto che la quasi totalità erano già morti. Sulla CO 2, invece, i Lecci stoccavano pochissima anidride carbonica perché morti o deperienti. Nulla di paragonabile alla quantità di quella che stoccheranno i nuovi alberi in crescita che si aggiunge a quanto hanno già fatto in vivaio prima di essere piantati”. 

Insomma, i Lecci “non purificavano più l’atmosfera dalla CO2 da molto tempo e non fornivano nemmeno più i benefici ecosistemici di cui parlano le linee guida ministeriali sulla gestione del verde urbano, il Green Deal e la Nature Restoration Law di recente approvata dal Parlamento Europeo. Non potevano nemmeno più abbassare l’isola di calore cittadino in quanto non ombreggiavano le superfici per il loro stato fisiologico di deperimento e invecchiamento precoce”, precisa l'Odaf. 

Invece i nuovi alberi (Agrifogli, Magnolie, Canfori, Liriodendri, Aceri e Frassini) “aumentano la biodiversità urbana, forniranno benefici ecosistemici e di stoccaggio della CO 2 crescenti e esponenziali e apporteranno molta più ombra per termoregolare la temperatura . La sostituzione del Leccio è una scelta obbligata che sta avvenendo in molte città italian e alle prese con la moria della specie legata alla cocciniglia, alla siccità invernale e il divieto di irrorare insetticidi”. Quindi, conclude l'Odaf, “ogni nuova decisione non può far a meno di considerare specie più resistenti e resilienti alle malattie e al clima in continuo cambiamento”.

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