E’ vero che questo editoriale nacque con l’idea di raccontare tutto ciò che accade settimanalmente intorno al mondo del Delfino, quindi anche rispetto a quanto esula dal punto di vista tecnico, ma mai avremmo immaginato di non riuscire più a scrivere nulla di calcio giocato.
Dal momento in cui l’ultima ipotetica speranza di provare a risalire la china, leggasi la sconfitta interna con la Fiorentina, nel recupero serale del 1° febbraio, è definitivamente tramontata, anche i risultati finali sul campo ne hanno risentito, così da ritrovarsi costretti ad adoperare il classico pallottoliere, per contare le reti subite. Possibile che, storicamente, debba quasi sempre essere questo il prezzo che la tifoseria pescarese paghi, a fronte della gioia di una promozione in Serie A? Non possiamo neppure definirla come una sorta di maledizione, giacché le retrocessioni arrivano sempre senza lottare, alla stregua di sentenze annunciate.
Quale futuro ci dobbiamo auspicare nell’immediato delle prossime stagioni? Una sorta di limbo protettivo con tranquille permanenze in Serie B? Oppure lottare per non retrocedere in Lega Pro, così da consegnare un minimo di pathos a tutto l’ambiente? Peggio, competere per ottenere una nuova promozione, nella consapevolezza che sarebbe meglio non fosse raggiunta? Ognuna delle ipotesi sopra menzionate consegna enorme frustrazione in prospettiva e spiega in maniera inequivocabile come sia inutile far quadrare i bilanci, se l’azienda non produce i frutti auspicati. Il calcio e lo sport in generale si differenziano da qualunque altra attività economica proprio per questa sostanziale differenza. L’errore fatale che Daniele Sebastiani commette è quello di “voler fare tutto lui”, mentre se si limitasse alla mera gestione economica della società, in altre parole il suo “mestiere”, circondandosi di veri esperti del mondo calcistico e non interferisse con loro, perché in disaccordo o perché offuscano la sua immagine (…), probabilmente anche i risultati sul campo sarebbero diversi. Purtroppo l’acqua non si tramuta in vino, di conseguenza auspicare un improvviso, quanto improbabile, cambio di mentalità da parte del Presidente biancazzurro, non riteniamo sia cosa possibile.
Dopo le goleade subite per opera di Lazio e Torino, domenica prossima sarà il Genoa a far visita al boccheggiante Delfino. La squadra ligure incarna perfettamente il decadimento raggiunto dal calcio nostrano attuale. Una delle tante società che già a gennaio non ha più obiettivi: la salvezza è stata virtualmente acquisita e l’Europa troppo lontana da raggiungere, così che il Mercato, anziché di riparazione, diventa occasione di (s)vendita per fare immediatamente cassa e iniziare a programmare con larghissimo anticipo la stagione seguente. Questo però non è il calcio che conosciamo e amiamo, somiglia più a una sorta di gioco di ruolo, che spiega anche per quale motivo da tanti anni, non riusciamo a vincere nulla a livello europeo. Di questo passo gli stadi si svuoteranno e gli abbonamenti alle televisioni a pagamento non avranno più senso. Sembra ridicolo, ma forse bisogna ringraziare i tanti fantallenatori sparsi un po’ ovunque, se non abbiamo ancora toccato il fondo: ormai l’unica aspettativa domenicale, per la maggior parte degli appassionati, è sperare nei goal dei propri beniamini, virtualmente schierati nelle infinite leghe esistenti. Davvero troppo poco per continuare a credere in questo sport.
In attesa di poter assistere alla prima vittoria sul campo, magari proprio contro i grifoni del presidente Preziosi, almeno una sottile disquisizione tecnica vorremmo rilevarla. L’ormai ex Bryan Cristante, ceduto all’Atalanta sul finire del mercato, in pratica mai incisivo in riva all’Adriatico, ieri pomeriggio è subentrato a venti minuti dal termine e dopo sette ha addirittura messo a segno la rete del definitivo 3 – 1 a Palermo: forse che il contesto tecnico del Pescara ha qualche problema e non è solo colpa degli infortuni?