Il trabocco è una macchina da pesca costituita da una piattaforma collegata alla terra da un ponticello e sospesa su travi erette e fissate con straordinaria perizia a ridosso di punte rocciose e scogli, là dove il mare presenta profondità e correnti favorevoli alla pesca. Dalla piattaforma si protendono verso il mare bracci di legno (antenne) che sostengono la grande rete (bilancia) che viene calata e issata con l’aiuto di un grande argano fissato al centro della stessa piattaforma; un casottino di legno funge da riparo per i pescatori. Così lo descrive ne “Il trionfo della morte” D’Annunzio il quale veniva spesso da Francavilla ad Ortona a piedi: “ per gli scogli, perigliosamente ma difettosamente, respirando l’odore delle alghe”. “Le due maggiori antenne verticali, sostenute alla base da piuoli di tutte le grossezze, s’intersecavano s’intralciavano congiunti tra di loro per mezzo di chiodi enormi, stretti da fili di ferro e da funi, rinforzati con mille ingegni contro le ire del mare. Due altre antenne, orizzontali, tagliavano in croce quelle e si protendevano come bompressi, di là dalla scogliera, su l’acqua profonda e pescosa. Alle estremità forcute delle quattro antenne pendevano le carrucole con i canapi corrispondenti agli angoli della rete quadrata. Altri canapi passavano per altre carrucole in cima a travi minori; fin negli scogli più lontani eran conficcati pali a sostegno dei cordami di rinforzo; innumerevoli assicelle erano inchiodate su per i tronchi a confortarne i punti deboli. La lunga e pertinace lotta contro la furia e l’insidia del flutto pareva scritta su la gran carcassa per mezzo di quei nodi, di quei chiodi, di quegli ordigni. La macchina pareva vivere d’una vita propria, avere un’aria e una effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni e anni al sole, alla pioggia, alla raffica, mostrava tutte le fibre, metteva fuori tutte le sue asprezze e tutti i suoi nocchi, rivelava tutte le particolarità resistenti della sua struttura, si sfaldava, si consumava, si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce, acquistava un carattere e una significazione speciali, un’impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avesser compiuto la loro opera crudele.”