Le sirene suonavano quasi tutti i giorni ma venivano ignorate
Il 31 agosto e il 14, 17 e 20 settembre del 1943 nel pieno della seconda guerra mondiale, Pescara è stata oggetto di pesanti bombardamenti. La giovane città si vide costretta a sopportare un terribile calvario e scrisse, in quell’occasione, una delle pagine più drammatiche della nostra storia.
La guerra stava provocando enormi danni materiali e morali oltre a ingenti perdite umane in Europa, in Nord Africa, nel Pacifico e in gran parte dell’Asia.
Le ultime bombe cadute sulla città erano state quelle sganciate da alcuni aerei austriaci il 4 maggio 1917, durante la prima guerra mondiale, che causarono la morte di tre persone, due donne e un uomo, e la distruzione del dormitorio e della mensa dei ferrovieri presso la stazione.
Fino all’ultimo giorno di agosto del 1943 gli orrori della guerra non avevano toccato direttamente l’Abruzzo, né tantomeno Pescara nonostante la sua strategica posizione come nodo ferroviario e stradale, sede di aeroporto e di porto di mare.
Il sibilo delle sirene si udiva ormai quasi tutti i giorni e i più, convinti che si trattasse solo di semplici preallarmi, mostravano disinteresse quasi totale agli avvisi di pericolo imminente. Solo una piccola minoranza era solita recarsi in quei rari e neppure sicuri rifugi in genere improvvisati. Lo stato di guerra era sì avvertito dalla gente, ma più che altro per via delle restrizioni imposte, l’oscuramento totale delle strade, l’ascolto dei “bollettini” che spesso non dicevano la verità, le notizie trionfalistiche di Radio Londra, la voce nostalgica di Marlene Dietrich sulle note lente e malinconiche di Lilì Marlene, e il saltuario annuncio che qualche persona cara impegnata sui vari fronti, familiari o amici figurava nei primi elenchi di morti e dispersi.