Oggi faremo una bella passeggiata nella Pescara di 1700 anni fa, ricostruendo ciò che Lucio Cassio Ermodoro, nocchiero d’età imperiale, avrebbe visto giungendo ad Ostia Aterni nel periodo di massima fioritura di questo municipium romano, allora popolato da diverse migliaia di abitanti.
Lasciatosi alle spalle il porto di Salona (Spalato), Ermodoro sarebbe giunto in vista delle cime innevate del Mons Ombelicus (Gran Sasso) e della montagna sacra della dea Maja (Majella) dopo un giorno e mezzo di navigazione. A quel punto, guidato da un piccolo faro, il nocchiero avrebbe condotto la propria nave verso l’imboccatura principale del fiume, circondata da canneti e pinete a perdita d’occhio, e da lì verso la grande banchina sud del porto di Ostia Aterni.
Entrando in porto dal fiume, Ermodoro si sarebbe trovato di fronte uno spettacolo meraviglioso: sulla sponda Nord, il tempietto circolare di Giove Aternio, protettore della città (i cui resti sono nascosti da qualche parte tra la Golena Nord ed il Rampigna); ad Ovest, seguendo il fiume verso i monti, il ponte monumentale costruito da Tiberio; sulla riva sud, i moli brulicanti di imbarcazioni, marinai e commercianti venuti da Roma e dai dintorni per scaricare tessuti, spezie e vasellame giunti da ogni angolo del Mediterraneo. Nell'aria, profumi, lingue e dialetti ormai perduti. Dietro i moli, gli uffici del porto, eleganti edifici dal pavimento a mosaico, ove recarsi per ottenere documenti di viaggio e sbrigare questioni fiscali.
Oltre la prima fila di case, il centro della vecchia Ostia Aterni: una cittadina ridente e caotica, dalla pianta triangolare stretta tra il terminale della via Claudia-Valeria (odierna via dei Bastioni) e l’antica via di fondovalle usata già secoli prima da Marrucini, Vestini e Frentani per condurre le merci al porto di Ostia Aterni (odierna via delle Caserme). Arrivato presso l’attuale piazza Garibaldi, Ermodoro avrebbe ammirato il grande foro sorto all’incrocio tra la via Claudia e la via Flaminia adriatica, racchiuso da locande ed edifici pubblici e impreziosito dall’imponente tempio a pianta circolare consacrato alla Vittoria Augusta (odierno sito di “Santa Gerusalemme”). Passeggiando nelle strade adiacenti, il nostro amico si sarebbe reso conto che la vecchia Ostia Aterni, di certo più aperta e cosmopolita della Pescara contemporanea, ospitava viandanti e luoghi di culto delle culture e religioni più esotiche, tanto che in città sorgeva persino un tempietto dedicato a Iside, dea egizia della fertilità. Presso l’odierna via Orazio, il nostro amico avrebbe potuto attraversare il grande ponte in laterizio e marmo voluto dall’Imperatore Tiberio, le cui arcate sarebbero crollate definitivamente solo nel 1703.
Attraversato il ponte, il nostro Ermodoro avrebbe concluso il proprio viaggio in un luogo sacro, posto a distanza di sicurezza dal caos cittadino: la grande necropoli di Ostia Aterni (oggi sepolta sotto il campo Rampigna, via De Gasperi e la questura), ove nel corso dei secoli furono rinvenute numerose lapidi e, addirittura, “uno speco sotterraneo, in cui si trovarono tanti ordini di sepolcri con ossa umane, e coverti di lastre di marmo, sulle quali si lesserò ignoti caratteri” (D. Romanelli, Storia dei Frentani). Tra di esse, tanto tempo fa, fu rinvenuta proprio quella di Lucio Cassio Ermodoro, Nocchiero del Collegio Serapide di Salona, morto per mare e sepolto dalla vedova Ulpia Candida sotto un fregio raffigurante una piccola barca senza remi né vela, pronta ad accompagnare l'amato nel suo viaggio più lungo.
Immagine: la Tabula Peutingeriana, riproduzione militare di una mappa disegnata nel tardo Impero Romano, la quale mostra chiaramente la posizione di Ostia Aterni.