Il 1 marzo del 1896 si combatté la “Battaglia di Adua”, momento decisivo e finale della Guerra d’Abissinia, che vedeva da una parte le forze armate italiane (comandate dal Generale Oreste Baratieri) e dall’altra l’esercito abissino (alla cui testa c’era il Negus).
La sconfitta subita dalle truppe italiane ad Adua da parte dei guerrieri etiopici del Negus Menelik fu un vero e proprio disastro. Gli italiani furono sopraffatti, nonostante avessero combattuto con estremo coraggio, dopo un’intera giornata di furiosi combattimenti, con ripetuti e feroci corpo a corpo di inaudita violenza.
In quella triste e sfortunata giornata combatté e morì, facendosi onore, anche un pescarese: Amedeo Monti.
Nato a Pescara nel 1873 da Emilio e Filomena Seccia, fu arruolato nell’XI° “Battaglione Fanteria d’Africa” comandato dal Magg. Manfredi e nominato Caporale Maggiore gli venne assegnato il numero di matricola 19.
Il giovane pescarese prese parte a vari scontri mostrando, sempre, un ardimentoso coraggio. Poi arrivò la decisiva battaglia e la sua prematura fine.
Un laconico documento, fatto poi giungere alla famiglia, dal Ten. Raffaele Gaddi responsabile del “Deposito della Colonia Eritrea”, annunciò così la sua morte:
“ l’anno milleottocentonovantasei al primo del mese di Marzo, nel combattimento di Adua mancava ai vivi , il Caporale Maggiore Monti Amedeo”.
Successivamente un biglietto ne descrisse la morte:
“facendo scudo al un superiore moriva in seguito a colpo d’arma da fuoco”.
Amedeo Monti non rivide mai la sua Pescara. Oggi, almeno nella memoria, ci torna.